Premessa:
Da molto tempo avevo acquistato e letto tutto quanto mi era capitato sotto
mano che avesse come soggetto il Mount Kenya e Felice Benuzzi.
Nel 1991 avevo acquistato il primo volume di "Fuga sul Kenya"
edito dal Centro di Documentazione Alpina (CDA) di Torino e inserito nella
Collana di Letteratura.
Avevo scoperto così un personaggio importante e diverso da molti altri alpinisti, e
un libro avvincente che ho riletto molte volte, fino a scriverne, nel 2002, una recensione sul
mio sito web, testo che ho rivisto recentemente.
Durante il periodo di vita e di lavoro a Roma (durato oltre 30 anni) avevo anche
assistito, come socio CAI della sez. di Roma, alle rare rievocazioni
dellavventura sul Mount Kenya di Benuzzi e dei suoi due amici:
Giovanni Balletto (detto Giuàn) e Vincenzo (Enzo) Barsotti.
Successivamente, grazie a precise informazioni di amici che ammiravano la storia e la fuga
avventurosa di Benuzzi sul Mount Kenya acquistai, da un editore americano, una delle prime
versioni inglesi di "No Picnic on Mount Kenya" e lessi le stesse vicende dellarrampicata
sul Kenya, scritte però da Benuzzi per i lettori anglosassoni.
Notai evidenti differenze rispetto alla versione italiana che mi fecero capire la
sensibilità dellautore nel presentare le situazioni affrontate in un periodo di guerra
ed essendo stato, egli stesso, un prigioniero degli inglesi in Africa.
Sempre grazie allavviso di amici, nellagosto del 2013 acquistai un nuovo volume:
"Point Lenana", uscito nel febbraio 2013 e, leggendolo, ho scoperto il mondo che ha conosciuto
Felice Benuzzi dalla sua nascita alla sua morte, grazie alla lunga ricerca degli autori,
scrittori ed alpinisti Roberto Santachiara e Wu Ming 1.
Un periodo di storia complesso, racchiuso tra le due guerre mondiali e la nascita
dellImpero italiano in Africa.
Un periodo che comprende tutta lepopea dello sfacelo dellImpero austro-ungarico
e la nascita di un nazionalismo sempre più spostato verso posizioni estreme, soprattutto nelle
terre irredenti e di confine come a Trieste.
Dei primi 3 libri accennati qui sopra, si trovano i link in calce a questa pagina, per vedere le
rispettive recensioni e le immagini delle copertine.
Il quarto libro e lautore:
Di seguito accenno al quarto libro: "Il cuore e labisso" che descrive in dettaglio
tutta la vita di Felice Benuzzi.
Ho scoperto che lautore di questo libro: Rory Steele, un australiano nato a Perth
(in Australia Occidentale) nel 1943, proprio lanno della fuga sul Mount Kenya di Benuzzi, aveva scritto
lo stesso libro in versione inglese nel 2016, edito da un editore australiano, col titolo "The heart and the abyss".
Evidentemente lavventura sul Kenya e la stessa presenza in Australia di Benuzzi negli anni 50,
in veste di ambasciatore con sede a Brisbane (Queensland) e successivamente a Canberra (Nuovo Galles del Sud),
avevano lasciato un segno profondo e positivo.
Rory Steele, negli anni dal 1954 al 1956 aveva vissuto in Italia (in Liguria e in Toscana) e si era
innamorato del nostro paese.
Dopo gli anni di studio alluniversità inglese di Oxford (si è laureato in letteratura
italiana e francese), è stato assistente al Liceo Scientifico Mercalli a Napoli.
Successivamente seguì anchegli la carriera diplomatica nelle ambasciate del Ghana,
della Corea del Sud, in Egitto e in Svizzera (a Ginevra).
Fu ambasciatore australiano in Iraq e poi in Italia (dal 1997 al 2001).
È stato uno sportivo, un amante delle montagne e un grande viaggiatore.
Steele ha scritto alcuni libri, anche un paio di volumi di poesie, e Il cuore e labisso è il suo primo libro
biografico di un alpinista; sicuramente Felice Benuzzi sarebbe stato felice di conversare con lui.
Trama:
La storia alpinistica di Felice Benuzzi, nato a Vienna nel 1910 e cresciuto a Trieste, mi era già abbastanza nota
dalle letture di Fuga sul Kenya, dalle notizie ricevute durante le conferenze romane dedicate a questo personaggio e
dai libri di Spiro Dalla Porta Xydias, famosissimo alpinista (Accademico CAI) e scrittore triestino, autore di centinaia di
prime ascensioni e di decine di libri che parlano di ascensioni, di montagna e di alpinisti famosi o meno, ma soprattutto di
quelli della "sua" friulana Val Rosandra (tra cui il gruppo di Emilio Comici in cui, per un breve periodo, si avvicinò
anche Felice Benuzzi).
Il libro di Steele parla non solo delle avventure alpinistiche, inclusa la fuga sul Mount Kenya di Benuzzi, ma anche
di tutta la storia della famiglia Benuzzi a partire da Giacomo Emilio, nonno di Felice che tra metà 800
e inizio del 900, si muoveva tra Dro (sullapice del Lago di Garda), Vienna e Trieste, per ragioni di lavoro,
di studio e di guerra.
Regioni quelle tutte ancora sotto il dominio dellImpero austro-ungarico anche se iniziavano a nascere
consistenti moti irredentistici soprattutto nei territori del versante italiano delle Alpi.
Lautore, nei 24 capitoli di questo libro, descrive tutti i momenti di vita, di studio e di attività
civile e militare in Africa di Benuzzi fino alla sua cattura in Etiopia (ad Addis Abeba) nel 1941 quando, dopo
il passaggio in vari campi, fu trasferito nel campo di Nanyuki (POW Camp 354) insieme a diverse migliaia di altri
prigionieri civili e militari.
La noia di una prolungata prigionia e la consapevolezza di essere così vicini ad una montagna colossale
spinse Felice Benuzzi a meditare una fuga dal campo per tentare una salita al Mount Kenya, anche perché
altre fughe erano impossibili.
Spesso Benuzzi aveva detto e scritto che:
<... A volte si aveva notizia di qualche tentativo di evasione, tentativi che fallivano sempre.
In quei luoghi le distanze da percorrere nella fuga erano immense: il più vicino paese neutrale, il
Mozambico portoghese, era lontano 2000 chilometri.
Per avere una minima possibilità di successo sarebbe stato necessario possedere molto denaro, abiti,
documenti falsi, carte e una perfetta conoscenza delle lingue.
Il rischio maggiore stava nellanormalità di un bianco in fuga, vestito stranamente, che tentava
di attraversare i grandi spazi africani.
Le autorità avevano posto una taglia di dieci scellini sulla testa di ogni prigioniero fuggito, una
bella cifra per qualsiasi indigeno dellEast Africa nel 1943...>
E, a fine gennaio 1943, dopo mesi di preparazione di attrezzature autocostruite e di cibo, la fuga verso il
Mount Kenya avvenne, insieme con due amici anchessi prigionieri del campo: una avventura pazzesca che
Steele ricorda minuziosamente in questo libro, avventura rischiosa che si risolse con la salita della
Punta Lenana (m 4970), senza poter raggiungere la vetta più alta: il Picco Batian (m 5195), anche se
questa salita fu tentata inutilmente a causa di rocce lisce coperte da ghiaccio vetrato, di scarsità di attrezzature
adeguate e di insufficiente resistenza fisica dovuta alle terribili condizioni incontrate (freddo intenso, nevicate ghiacciate, ecc.).
Ma limpresa riuscì comunque e la bandiera italiana issata in cima alla vetta minore fece scalpore;
la notizia si diffuse rapidamente in Africa e allestero, anche nel campo di prigionia quando fortunosamente e
senza scorte di cibo i tre fuggitivi riuscirono a rientrare dopo 17 giorni di evasione.
Gli altri 3 anni di prigionia, fino al luglio 1946 quando iniziò il rimpatrio, servirono a Benuzzi
per raccogliere i dati scritti sui suoi diari e per iniziare la stesura della bozza del suo libro Fuga sul Kenya
che fu poi pubblicato nel 1947.
Il libro No Picnic on Mount Kenya, la stessa avventura scritta in inglese da Benuzzi fu
pubblicato nel 1952 ed ebbe un grande successo.
Questultimo ebbe moltissime edizioni in varie lingue.
Steele prosegue il racconto della vita di Benuzzi in molti altri capitoli.
Vengono descritti i momenti del suo rimpatrio con la riunione di famiglia a Trieste, dove la moglie
Stefania e la piccola figlia Daniela erano già riuscite a rientrare nel 1943.
Stefania e Daniela (nata il 9 agosto 1940 ad Addis Abeba) erano state imprigionate dallaprile
1941 con la disfatta degli italiani e del loro impero coloniale e furono condotte per due anni in diversi campi
di prigionia femminili.
Furono rimpatriate con lintervento della Croce Rossa internazionale, mentre il marito separato da loro
fin dal 1941 era un prigioniero allinterno del Kenya e si accingeva alla sua famosa fuga.
Poi ci sono i giorni del ritorno della famiglia a Roma e lo studio di Benuzzi dedicato per il
concorso al Ministero degli Affari Esteri; lui teneva molto ad intraprendere la carriera diplomatica e si sentiva
pronto: possedeva infatti oltre la laurea in giurisprudenza, esperienze amministrative, politiche e militari (dopo
i suoi anni di lavoro in Etiopia per lamministrazione nellAOI - Africa Orientale Italiana) e ottime
conoscenze della lingua inglese (ormai praticata per sei anni in prigionia in Kenya) e della lingua tedesca (la sua
lingua materna).
Vinto il concorso, Benuzzi inizia la carriera diplomatica che si svolge a Roma, a Parigi, a Brisbane nel Queensland
dellAustralia, in un periodo di forte emigrazione italiana in quelle zone.
Fu inviato poi a Karachi in Pakistan, quindi rientrò in Italia e fu comandato a seguire la pericolosa
controversia con lAustra per le pericolose situazioni di guerriglia in Alto Adige, proprio nel periodo più
grave di attentati alle persone, ai monumenti italiani e ai tralicci dellalta tensione elettrica.
Il suo efficiente intervento e la sua padronanza della lingua, gli permisero di gestire al meglio molte
situazioni complicate.
Per le sue capacità ebbe buoni riconoscimenti e riuscì a proseguire nella sua carriera; fu inviato a Berlino Ovest
nel periodo della Guerra Fredda, poi fu inviato in Francia e inserito nel gruppo italiano coinvolto nelle trattative
per linserimento dellItalia nellOCSE (lOrganizzazione per la Cooperazione e Sviluppo Economico) che
si stava riorganizzando e allargando a molti altri paesi.
Infine Benuzzi raggiunse lapice della sua carriera nel 1973 diventando ambasciatore dellItalia in
Uruguay con sede a Montevideo.
In tutte queste sedi Benuzzi svolse al meglio il suo compito.
Insieme con la moglie Stefania e le figlie Daniela e Silvia (questultima era nata nel
gennaio del 1958 a Canberra, durante un altro breve periodo di servizio in Australia - questa volta nel Nuovo
Galles del Sud), Benuzzi riuscì ad intrattenere buoni rapporti con tutte le autorità locali e fu
sempre ben voluto.
In tutti i luoghi in cui si trovò ad operare, Benuzzi non trascurò mai la visita a luoghi interessanti
e a salire alcune tra le montagnie importanti di quelle zone.
Si recò in Grecia (dove salì sul Monte Olimpo), in Himalaya, in Tibet, in India, in Nuova Zelanda
(dove scalò alcune cime).
Durante il periodo sudamericano, visitò il Cile, lArgentina (con diverse isole), in Bolivia
(per salire alcune altissime cime), visitò lIsola di Pasqua; andò in Patagonia e nella Terra del
Fuoco e per due volte in Antartide, nel periodo in cui si stava decidendo la costruzione di una base fissa italiana
in quel continente ghiacciato.
Steele conclude la sua opera biografica con queste parole:
<... Lalpinismo di Benuzzi fu la sua più grande passione, iniziò a scalare in
unepoca in cui molte vette non avevano ancora un nome e tante non erano mai state salite, e continuò anche
quando le attrezzature progredirono e laccesso alle montagne divenne più semplice...>.
Commento:
Dopo le 5 edizioni italiane di Fuga sul Kenya (1947 - 1967 - 1991 - 2001, le ultime due del
CDA, e 2012 con la pubblicazione del Corbaccio) e le 25 edizioni straniere di No Picnic on Mount Kenya,
che hanno mantenuto la loro freschezza dopo oltre 70 anni dalla prima scrittura, nel 2013 si è aggiunto
il libro Point Lenana che ripercorre le stesse avventure alpinistiche di Benuzzi ma integrando il
suo racconto con tutte le vicende storiche, familiari, politiche e militari di quellepoca che lo hanno
avvolto e coinvolto.
Infine ecco apparire nel 2017 questo libro di Steele "Il cuore e labisso"
(che però io lho scoperto e acquistato solo nel gennaio 2021).
Che dire di questo libro, dopo la lettura delle sue 311 pagine, che ancora sto sfogliando?
È stato certamente ben scritto, da un professionista ed efficace ricercatore di notizie e di dettagli.
Dalle note relative ai 24 capitoli, inserite in fondo al libro, appare evidente che, oltre alla consultazione
di molti libri e di altre fonti bibliografiche (come quelle presenti al Ministero degli Affari Esteri),
lautore si sia avvalso di fonti dirette provenienti dai familiari di Benuzzi (da Stefania, appena in
tempo prima della morte di lei avvenuta nel 2013, e dalle figlie Daniela e Silvia sempre disponibili), ma
anche da amici di moltissime nazionalità o da conoscenti che lautore ha contattato personalmente o che ha
scambiato molta comunicazione tramite e-mail.
Tutti personaggi che, a vario titolo e situazione, avevano conosciuto direttamente e personalmente
Benuzzi, alcuni di questi condividendo con lui diverse avventure.
Steele ha visionato tantissimo il libro Point Lenana di Santachiara e Wu Ming 1 e ha avuto dei contatti
con questultimo per il chiarimento di molti particolari.
Steele è riuscito anche a visionare il manoscritto inedito di Benuzzi dal titolo:
"Più che Sassi" dove questultimo aveva raccolto le proprie esperienze personali di
arrampicate e visite di luoghi speciali, come un diario.
Una parte dei racconti presenti su questo manoscritto fu inviato da Benuzzi a varie riviste del CAI e al
giornale Il Piccolo di Trieste, firmando spesso con uno pseudonimo (Arrigo Risano).
Per concludere il commento a questo libro, desidero riproporre la parte finale del testo presente nel paragrafo
delle Conclusioni del libro di Steele, quando questultimo riprende alcune meditazioni di Benuzzi
scritte sul manoscritto Più che Sassi, a pag. 147.
In particolare, su una contraddizione che ha incontrato da poco e che lha indotto a meditare sul fatto che
in araldica: la parte centrale dello scudo si chiama "cuore ovvero abisso", e i due termini
si equivalgono.
Questa identità lo sconcerta:
"... Cuore equivale dunque ad un abisso?
Che forza ci vuole dunque per trarre il cuore dalla deriva dellabisso, con cui è congenito,
per placarlo, scaldarlo, sollevarlo?...".
Felice Benuzzi pensa che questa contraddizione possa
rispecchiare il nucleo profondo del nostro IO e spieghi linsieme delle cose.
Conosce anche troppo bene quanto siano vicini lardente desiderio di arrampicarsi fino alla vetta e la
fredda, subitanea realtà del vuoto in cui cadde il suo eroe Emilio Comici.
Si domanda se la forza positiva del cuore, cioè vita umana nella sua totalità, sia pari alla sua forza
gemella negativa dellabisso, annientamento dello spirito insieme al corpo.
Ecco quindi spiegate le motivazioni di Steele per la scelta del titolo del suo libro, a seguito delle
meditazioni di Felice Benuzzi.
Consiglio ai lettori di questa recensione di acquistare e leggere questo libro di Steele per completare
la conoscenza di Benuzzi non solo per scoprire altre sue attività alpinistiche ma soprattutto per apprezzare
meglio la varietà delle sue opere letterarie e di divulgazione.
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