Cronaca dell’escursione sulle tappe della Via Francigena tra Lombardia e Emilia,
insieme con le socie delle Sezioni di Cuneo e di Genova
dell’Associazione "Giovane Montagna"
(dal 17/4 al 20/4/2023)

( da Pavia (Lombardia) [m 77 slm] a Piacenza (Emilia) [m 62 slm] per circa 71 km )

Cronaca dell’arrivo a Pavia e visita alla città


Logo Francigena

In cammino insieme con le socie della
Associazione G.M. ("Giovane Montagna")
Sezioni di Cuneo e di Genova


( sulle tappe della Via Francigena tra Lombardia e Emilia )
(da Pavia a Piacenza)

Escursione organizzata dai responsabili della sezione G.M. di Cuneo

Cronaca a cura di Enea Fiorentini (G.M. di Roma)
(17 - 20 Aprile 2023)




 
           NOTE VARIE:

  1. Note sulla storia di Pavia:    ->>> Back

    [ Posta lungo la Via Francigena (o Via Francisca) e sulle rive del fiume Ticino, poco a nord dalla confluenza di quest’ultimo nel fiume Po, la città di Pavia affonda le sue origini all’epoca delle tribù galliche; successivamente divenne municipium romano con il nome di Ticinum.   Nel Medioevo fu (insieme a Ravenna e Verona) una delle sedi regie del regno Ostrogoto, fu capitale per due secoli del Regno longobardo e poi, dal 774 al 1024, capitale del Regno Italico, mentre dal 1365 al 1413 ospitò la corte viscontea; dal 1361 è sede di una rinomata università, riconosciuta dal Times Higher Education nel 2022 tra le prime 10 in Italia e tra le 300 migliori al mondo, su un campione di 2.112 istituti universitari presi in esame.   Mentre in età romana Pavia era chiamata Ticinum, solo in età longobarda cominciò ad essere chiamata Papia, toponimo da cui deriva il nome moderno della città, che potrebbe provenire da un nome di gens romana, forse Papiria, e vorrebbe dunque dire " Terra della gens Papiria ".
    Per maggiori informazioni e curiosità, consultate i seguenti siti, da cui sono state tratte le note sopra citate:
    Note tratte dal sito:  https://it.wikipedia.org/wiki/Pavia
    Note tratte dal sito:  https://www.google.com/search?q=Origini+di+Pavia ]



  2. Dal ponte romanico all’attuale Ponte Coperto di Pavia:    ->>> Back

    [ Il Ponte Romanico:
    Uno degli aspetti essenziali della città di Ticinum era rappresentato certamente dal suo rapporto con il fiume.   La destinazione fluviale doveva riguardare naturalmente ed essenzialmente la parte inferiore della città, per lo più al di fuori del perimetro romano, con la presenza di attrezzature e installazioni portuali e magazzini interessanti una fascia a monte e soprattutto a valle del ponte che si ritiene sia stato costruito all’epoca di Augusto ( 63 a.C., Roma - 14 d.C, Nola).   Spingerci più oltre sarebbe precipitare dal piano delle ipotesi assai verisimili a quello della fantasia.
    Più fortunati siamo circa il ponte sul Ticino con la testimonianza di Opinino de Canistris:
    "Sul Ticino è un ponte lungo circa mezzo stadio, coperto quasi per metà, con muri e aperture dall’uno e dall’altro lato e verso il suburbio una porta a doppio battente.   E vi è sopra la chiesa di S. Saturnino.   Questo ponte ha anche piloni in pietre e massi e archi in parte lapidei, poggianti con blocchi di pietra nell’acqua.   La città stessa ha talvolta più a valle un altro ponte tutto in legno, con una grande porta con doppio battente all’entrata in città, per cui questo si chiama Ponte Vecchio, quello Ponte Nuovo".   La fonte archeologica non è del tutto assente al riguardo.   Il rudere di un pilone antico sottostante l’arco tra le pile quinta e sesta del Ponte Vecchio medioevale (a partire dalla città e calcolando anche pile ed archi interrati col tempo), era ben noto a Pavia almeno dall’ultimo decennio del secolo scorso.   Rispetto all’attuale Ponte Coperto si trova a oltre venti metri a monte: le apparizioni si sono fatte di recente assai frequenti.   Il rudere sporge dal letto del fiume su tre filari di grandi pietroni squadrati terminanti contro corrente con un possente sperone triangolare.   L’unico blocco superstite nel senso della larghezza misura cm. 225 circa ed è utilmente indicativo della larghezza media della pila.   La connessione tra i blocchi è suggerita dagli incavi accurati per le grappe metalliche e per i perni in ferro, "affogati" entro piombo, che la garantivano sia orizzontalmente che verticalmente.   Durante la grande magra del luglio 1976 e da allora ripetutamente è affiorato, a ridosso della riva sinistra, il rudere di un secondo pilone, che si mostra irregolarmente inclinato verso il fiume.   La superficie, che per il livello non conviene con nessuno dei tre filari della pila centrale, presenta a monte un unico blocco a foggia di sperone triangolare seguito da una successione di blocchi allungati in senso trasversale.   Se ne possono contare almeno otto, differenti per stato di conservazione e per misura e composti da più pietroni della cui connessione rimangono segni evidenti negli incavi per le grappe e per i perni.   All’altezza del sesto blocco la larghezza della pila è valutabile in cm. 285.   Oggi è parzialmente sepolto da un cumulo di terra, su cui corre una stradina lungo la riva sinistra del Ticino.   A partire dal marzo 1981 è apparso il rudere di un terzo pilone fra quello centrale e la riva destra.   Il ponte, forse uno dei due stabili sul Ticino dall’uscita dal lago Maggiore alla confluenza nel Po, sopportava un traffico commerciale di eccezionale volume ed era considerato altresì di strategica importanza per la quotidiana attività della città.
    Il Ponte medievale:
    Nel 1351 fu costruito sui ruderi del ponte romano un nuovo ponte, su progetto di Giovanni da Ferrera e di Jacopo da Cozzo.   Il ponte, completato nel 1354, era coperto e dotato di dieci arcate irregolari e di due torri alle due estremità, che servivano per la difesa; l’aspetto di questo ponte, anche se con sole sei arcate, è visibile negli affreschi di Bernardino Lanzani all’interno della chiesa di San Teodoro.   Durante la costruzione delle mura spagnole, nel XVII secolo, la prima arcata e mezza verso la città e la prima arcata dal lato del borgo furono comprese nei bastioni e, quindi, chiuse.   Successivamente furono aggiunti un portale di ingresso dalla parte del Borgo Ticino, una cappella al centro del ponte in onore di San Giovanni Nepomuceno e infine anche un portale di ingresso dalla parte del centro storico, eretto dall’Amati nel 1822.   Nel Palazzo Mezzabarba, la sede del Comune di Pavia, salone ufficio anagrafe, è presente un modello in legno del ponte trecentesco, realizzato nel 1938.
    Il Ponte Coperto attuale:
    Il 5 settembre 1944 a seguito di un bombardamento aereo alleato il ponte venne distrutto insieme con la chiesetta andò distrutta e la statua di San Giovanni Nepomuceno cadde nelle acque del Ticino.   Venne recuperata dopo qualche giorno, moIto a valle del ponte stesso, da un povero pescatore che la tenne per se e la ospitò con onore nella sua casa.   II Ponte Coperto venne ricostruito e al centro, su pilone centrale venne ricostruita la chiesetta e la statua del Santo, rimessa a nuovo dallo scultore pavese Romolo Bianchi, venne collocata nella sua nicchia al centro della chiesetta.   Il giorno 8 settembre 1949, nella ricorrenza della Sagra del Borgo Ticino, alle ore 12 veniva aperto il ponte con una solenne benedizione.   Questa inaugurazione, quasi intima e riservata aveva preceduto quella Ufficiale che sarebbe avvenuta qualche mese più tardi.   Note tratte dal sito:
     http://www.paviaedintorni.it/temi/arteearchitettura_file/artearchitettura_varie_file/
    descrizioni_ponteromanico.htm
     ]



  3. Note su Albert Einstein a Pavia:    ->>> Back

    [ Albert Einstein nacque a Ulma (Germania) il 14 marzo del 1879 da una benestante famiglia giudaica, figlio di Hermann Einstein, proprietario di una piccola azienda che produceva macchinari elettrici, e di Pauline Koch.
    Frequentò una scuola elementare cattolica e, su insistenza della madre, gli furono impartite lezioni di violino.   All’età di cinque anni il padre gli mostrò una bussola tascabile ed Einstein si rese conto che qualcosa nello spazio "vuoto" agiva sull’ago spostandolo in direzione del nord; avrebbe descritto in seguito quest’esperienza come una delle più rivelatrici della sua vita.   A causa di diversi dissesti economici (nel 1894 gli Einstein avevano fondato, col fratello Jacob e con un socio italiano, le "Officine elettrotecniche Nazionali Einstein-Garrone" a Pavia, poi fallite) la famiglia Einstein dovette trasferirsi di frequente: dapprima a Monaco di Baviera, poi nel 1894 a Pavia, a Palazzo Cornazzani (dove, curiosamente, aveva già abitato Ugo Foscolo) dove Albert scrisse il suo primo articolo scientifico, e due anni dopo a Berna in Svizzera.   Quando la famiglia si trasferì a Milano Einstein, allora diciassettenne, restò in Svizzera per proseguire gli studi, che presto abbandonò per ricongiungersi con la famiglia.   Il fallimento all’esame d’ingresso al Politecnico di Zurigo nel 1895, tentato nonostante non avesse l’età minima richiesta, in quanto autorizzato con un permesso speciale da parte del rettore Albin Herzog, e non superato per un’insufficienza nel test di francese, fu una dura battuta d’arresto.   Pertanto per concludere gli studi superiori fu mandato dalla famiglia ad Aarau dove riuscì a conseguire il diploma nel 1896.   Nell’ottobre dello stesso anno ritentò l’esame di ammissione al politecnico, superandolo.   Durante il primo anno di studi al politecnico, nel 1896, conobbe Mileva Mari?, sua compagna di studi, di cui s’innamorò.   Mileva era l’unica donna ammessa a frequentare il politecnico federale svizzero.   Einstein concluse gli studi al politecnico nel luglio del 1900, superando gli esami finali con la votazione di 4,9/6 e classificandosi quarto su cinque promossi.   Egli fu l’unico dei laureati a non ottenere un posto come assistente.
    Nel 1900 gli venne garantito un diploma da insegnante dall’"Eidgenössische Technische Hochschule" e nel 1901 fu naturalizzato svizzero.   In quel periodo Einstein discuteva dei suoi interessi scientifici con un ristretto gruppo di amici, inclusa Mileva.   Nel gennaio 1902 Mileva ebbe una figlia, Lieserl, che morì presumibilmente di scarlattina.
    Quel parto illegittimo compromise gli studi della giovane che decise di sacrificarsi per la famiglia e la carriera accademica di Albert.   Nel 1903 Albert e Mileva si sposarono in municipio.   In seguito Mileva avrebbe dato alla luce altri due figli: Hans Albert (1904), che sarebbe diventato ingegnere ed Eduard (1910), con ottime capacità nella musica e negli studi, che fu poi travolto dalla malattia mentale e trascorse gran parte della sua vita tra la casa materna di Zurigo e l’ospedale psichiatrico Burghõlzli.   Dopo la laurea Einstein trovò lavoro presso l’ufficio brevetti di Berna.   Insieme con l’amico e collega di lavoro Michele Besso fondò un gruppo di discussione chiamato "Accademia Olimpia";, dove si discuteva di scienza e filosofia.   Il 1905 fu un anno di svolta nella vita di Einstein e nella storia della fisica.   Nel giro di sette mesi pubblicò sei lavori scientifici.   Einstein ottenne il dottorato il 15 gennaio del 1906 e insegnò a Berna a partire dal 1908.   Nel 1911 si trasferì a Praga e nel 1914 fu nominato direttore dell’Istituto di Fisica dell’Università di Berlino, dove rimase fino al 1933.   In quegli anni effettuò alcune ricerche sulla meccanica statistica e sulla teoria della radiazione.   Nel gennaio del 1933, quando Adolf Hitler salì al potere, Einstein si trovava momentaneamente all’università di Princeton come professore ospite.   Il 7 aprile dello stesso anno venne promulgata la "Legge della Restaurazione del Servizio Civile", a causa della quale tutti i professori universitari di origine ebraica furono licenziati.   Nell’ottobre del 1933, con l’intensificarsi delle persecuzioni anti-semitiche, decise di trasferirsi negli Stati Uniti.   Durante gli anni trenta, con i nazisti al potere, i premi Nobel Philipp von Lenard e Johannes Stark condussero una strenua campagna atta a screditare i suoi lavori, etichettandoli come "fisica ebraica", in contrasto con la "fisica tedesca" o "ariana".   Nel 1944, a Rignano sull’Arno, la moglie e le figlie di suo cugino Robert furono uccise da un reparto delle SS, verosimilmente come rappresaglia nei suoi confronti; la strage, a cui si aggiunse l’anno seguente la perdita del cugino, morto suicida, colpì molto Einstein, che aveva acquisito la cittadinanza statunitense nel 1940 e che non rientrò più in Europa, rimanendo negli USA fino alla morte.   Il 17 aprile del 1955, Albert Einstein fu colpito da una improvvisa emorragia causata dalla rottura di un aneurisma dell’aorta addominale, arteria che era stata già rinforzata precauzionalmente con un’operazione chirurgica nel 1948.   Fu ricoverato all’ospedale di Princeton, dove morì nelle prime ore del mattino del giorno dopo (ore 1:15 del 18 aprile 1955) a 76 anni.
    Note tratte dal sito:  https://it.wikipedia.org/wiki/Albert_Einstein ]



  4. Note sul Castello Visconteo di Pavia:    ->>> Back

    [ Il Castello Visconteo venne costruito in pochissimi anni a partire dal 1360 da Galeazzo II, il quale - conquistata nel 1359 la città di Pavia - volle darle un segno ben visibile della presenza e del potere del nuovo signore.   Più che una fortezza, il Castello di Pavia fu soprattutto la splendida sede di una corte raffinata, come è ancora possibile intuire dalle grandi bifore esterne, dall’aereo loggiato del cortile e dai resti degli affreschi delle sale interne, elementi che rispecchiano il gusto del gotico internazionale.   Nella seconda metà del XIV secolo e nel XV fu un importante centro di produzione artistica, come attestano la presenza documentata di Bonifacio Bembo, Zanetto Bugatto e Vincenzo Foppa, quella problematica di Pisanello o il fatto che alcuni degli affreschi superstiti siano stati attribuiti a Michelino da Besozzo e Giovannino de Grassi.   L’edificio era stato, inoltre, concepito come parte di un vasto piano di riqualificazione urbana e territoriale, di cui facevano parte anche il rettifilo di Strada Nuova, sul tracciato dell’antico "cardo romano", l’apertura della "platea magna" (oggi Piazza della Vittoria) e la realizzazione di un grandioso parco di caccia, attualmente non più esistente, esteso fino alla Certosa.   Mutilato nel lato nord dalle artiglierie francesi nel 1527 e successivamente divenuto caserma, il Castello è stato restaurato negli anni ’20 e ’30 del XX secolo e, a partire dal secondo dopoguerra, è divenuto sede dei Musei Civici.
    Note tratte dal cartello turistico vicino al Castello Visconteo. ]



  5. Note sul passaggio del potere a Milano, a Pavia e sul Castello Visconteo:    ->>> Back

    [ Il 13 agosto 1447 si spense senza eredi e senza disposizioni testamentarie il Duca di Milano Filippo Maria Visconti.
    L’estinzione della dinastia viscontea ebbe come effetto quasi immediato la disgregazione del territorio del Ducato: Milano si proclamò indipendente erigendosi a Repubblica, Pavia e altre città seguirono il suo esempio.   Lodi e Piacenza si allearono con Venezia.   A raccogliere l’eredità dei Visconti e riunificare il Ducato fu Francesco Sforza (n. Cigoli, 23 luglio 1401 – m. Milano, 8 marzo 1466) che è stato il primo duca di Milano appartenente alla dinastia degli Sforza, condottiero di grande abilità che prestò servizio come capitano di ventura presso Filippo Maria Visconti e ne aveva sposato la figlia illegittima Bianca Maria.   Dopo alterne vicende e la grande vittoria di Caravaggio contro l’esercito della repubblica di Venezia, lo Sforza riuscì ad assicurarsi definitivamente la successione al Ducato, divenendone il nuovo padrone e mantenendo la maggior parte del territorio.   La famiglia degli Sforza mantenne il Ducato con fatica a causa dell’intervento in Italia delle truppe francesi che vantavano il possesso di Milano.
    Ludovico il Moro degli Sforza ( Ludovico Maria Sforza detto il Moro, n. a Vigevano, 27 luglio 1452 – m. a Loches [Francia], 27 maggio 1508 ) dovette cedere svariate volte il possesso e la sua famiglia riuscì a ritornare in possesso a più riprese fino all’ultima nel 1535.   Pavia fu teatro di guerra il 24 febbraio 1525 quando nell’antico parco visconteo a nord del Castello ci fu uno scontro tra le truppe spagnole di Carlo V e quelle del Re di Francia Francesco I°.   Nel 1527 un’altra battaglia causò la distruzione dell’ala nord del Castello.   Il castello fu cannoneggiato su ordine del comandante delle truppe francesi Odet de Foix, detto Maresciallo di Lautrec, che aprì una breccia nelle fortificazioni attraverso la quale occupò la città.   Con la pace di Cateau-Cambrésis, firmata nel 1559 tra Filippo II di Spagna ed Enrico II di Francia, si pose fine alle guerre d’Italia e venne sancito il possesso definitivo del Ducato di Milano da parte degli Asburgo spagnoli, sotto i quali restò per i seguenti 155 anni.
    Note tratte dal sito:
     https://www.viqueria.com/ducato-milano-contado-pavia-sforza-spagna/ ]



  6. Note sulla Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia:    ->>> Back

    [ La Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro (in coelo aureo) è una chiesa di Pavia con dignità di basilica minore.   Sorta, forse sopra una precedente chiesa del VI secolo, all’inizio del VIII secolo in piena epoca longobarda è menzionata per la prima volta dallo storico Paolo Diacono (720-799).   La basilica fu ricostruita in stile romanico tra l’XI e il XII secolo.   La basilica paleocristiana originale, chiamata "San Pietro in Ciel d’Oro" per via delle volte dorate, era sorta sul luogo ove era sepolto san Severino Boezio, filosofo e senatore romano fatto uccidere dal re ostrogoto Teodorico il Grande nel 525.   Alcuni scavi archeologici, effettuati nel 2018 e 2019 dietro l’abside della basilica, hanno portato alla luce murature riferibili all’abside del precedente edificio.   Insigne esempio di architettura romanica lombarda e generalmente considerato, insieme alla "Basilica di San Michele Maggiore", il più importante monumento religioso medievale della città di Pavia, la chiesa venne riconsacrata dal papa Innocenzo II nel 1132 al termine dei lavori di ricostruzione e vanta un grande prestigio e notorietà nel mondo cattolico in quanto ospita le spoglie di sant’Agostino d’Ippona (trasportate qui nel 723 dalla Sardegna - custodite lì fin dal 430 alla morte del santo - dal Re longobardo Liutprando) e di san Severino Boezio (475-525), martire e Padre della Chiesa.   La Basilica viene citata da Dante nella Divina Commedia (Paradiso - Canto decimo vv. 124-128) in quanto contiene le spoglie di Boezio.   Anche Francesco Petrarca la cita (nella Lettera del Petrarca a Giovanni Boccaccio in Seniles, Lib. V, Lett. 1a), inoltre appare in una delle ultime novelle del Decameron (Torello e il Saladino, Novella IX, Giornata X) di Giovanni Boccaccio.   Caduta in uno stato di rovinoso abbandono dopo le spoliazioni sacrileghe napoleoniche, la basilica venne restaurata fra il 1875 e il 1899.
    Note tratte dal seguente sito, sul quale ci sono informazioni più complete:
     https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_San_Pietro_in_Ciel_d'Oro ]



  7. Note su Sant’Agostino Vescovo e Dottore della Chiesa a Pavia:    ->>> Back

    [ Aurelio Agostino d’Ippona (in latino: Aurelius Augustinus Hipponensis) nacque a Tagaste, 13 novembre 354 [attuale Souk Ahras a 70 km a sud-est di Ippona] in Algeria, di etnia berbera o punica come egli stesso ci tramanda, ma di cultura fondamentalmente ellenistico-romana.   Egli è stato un filosofo, vescovo e teologo romano di origine nordafricana ma di lingua latina.   È conosciuto anche come sant’Agostino, è Padre, dottore e santo della Chiesa cattolica, detto anche Doctor Gratiae ("Dottore della Grazia").   È forse il maggiore rappresentante della Patristica dell’Occidente.   Se le "Confessioni" sono la sua opera più celebre, si segnala per importanza, nella vastissima produzione agostiniana, il trattato "La città di Dio".   Studiò e si convertì al Cristianesimo in Italia frequentando personaggi illustri come Sant’Ambrogio e poi ritornò in Africa divenendo in seguito vescovo di Ippona.   Durante rivolte e invasioni di Visigoti e Vandali, Agostino si rifugiò ad Ippona (l’odierna Annaba) in Algeria, città ben fortificata, ma che subì un prolungato assedio per 18 mesi.   In questo periodo Agostino si ammalò e qui morì il 28 agosto 430.   Nel 718 il suo feretro, venerato per secoli a Cagliari dove era stato portato da esuli fuggiti all’invasione vandala del Nordafrica, fu fatto trasportare dalla Sardegna a Pavia, a opera del re longobardo Liutprando.   E, dal 723, le sue spoglie sono custodite nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, che accolse più anche le spoglie dello stesso re Liutprando.
    Note tratte dai seguenti siti, sui quali si possono leggere informazioni più complete:
     https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_San_Pietro_in_Ciel_d%27Oro
     https://it.wikipedia.org/wiki/Agostino_d%27Ippona ]



  8. Note su Severino Boezio filosofo e martire a Pavia:    ->>> Back

    [ Anicio Manlio Torquato Severino Boezio (in latino: Anicius Manlius Torquatus Severinus Boethius; Roma, 475/477 – Pavia, 524/526) è stato un filosofo e senatore romano.   Noto come Severino Boezio, o anche solo come Boezio, con le sue opere ha avuto una profonda influenza sulla filosofia cristiana del Medioevo, tanto che alcuni lo collocarono tra i fondatori della Scolastica.   Fu il principale collaboratore del re Teodorico, ricoprendo la carica di "magister officiorum" (settembre 522 - agosto 523).   Boezio, nel clima di rilancio della cultura che la pace rese possibile durante il regno del re goto, concepì l’ambizioso progetto di tradurre in latino le opere di Platone e di Aristotele.   Teodorico, nei suoi ultimi anni, divenne sospettoso di tradimenti e congiure, e Severino venne imprigionato a Pavia e messo a morte nel 524.   Mentre era in carcere, Boezio compose "La consolazione della filosofia", un trattato filosofico sulla fortuna, la morte e altre questioni, che divenne una delle opere più popolari e influenti del Medioevo.   Il suo trattato sulla musica "De institutione musica" fu estremamente influente sulla musica medievale, sia sulla teoria che sulla pratica; fu lo scritto medievale più diffuso sulla musica.   Come autore di numerosi manuali e traduttore di Platone e Aristotele dal greco antico al latino divenne il principale intermediario tra l’antichità classica e i secoli successivi.   Papa Leone XIII ne approvò il culto per la Chiesa in Pavia, che ne custodisce i resti nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro e lo festeggia il 23 ottobre.
    Il poeta Dante Alighieri nomina Boezio nella Divina Commedia e nel Convivio, dove afferma (II, 12) di averne iniziato gli studi quando, dopo la morte di Beatrice, si era dedicato alla filosofia.   Nel Paradiso di Dante, Boezio è uno degli spiriti sapienti del IV Cielo del Sole (Par., X, 124-128), che formano la prima corona di dodici spiriti in cui è presente anche san Tommaso d’Aquino.
    Dalla "Divina Commedia" di Dante (Paradiso, Canto X, 124-128):
    < -- >
    Or se tu l’occhio de la mente trani         Ora se conduci (trani) l’occhio della mente da una luce all’altra
    di luce in luce dietro a le mie lode,         seguendo i (dietro a) miei elogi, già resti con il desiderio di
    già de l’ottava con sete rimani.               sapere (sete) chi sia l’ottava.

    Per vedere ogni ben dentro vi gode       Dentro vi gioisce (gode), perché vede l’essenza di ogni bene (Dio),
    l’anima santa che ’l mondo fallace         quell’anima santa (Boezio) che, a chi la sa ascoltare (di lei ben ode),
    fa manifesto a chi di lei ben ode.            manifesta la fallacia dei beni mondani (’l mondo fallace).

    Lo corpo ond’ella fu cacciata giace        Il corpo dal quale fu cacciata è sepolto (giace) giù nella chiesa
    giuso in Cieldauro; ed essa da martiro   di San Pietro in Ciel d’Oro; ed essa giunse in questa pace
    e da essilio venne a questa pace           celeste dopo l’esilio e il martirio..
    < -- >
    Note tratte dal seguente sito, sul quale si possono leggere informazioni più complete:
     https://it.wikipedia.org/wiki/Severino_Boezio ]



  9. Note sulla Chiesa di Santa Maria del Carmine a Pavia:    ->>> Back

    [ La chiesa di Santa Maria del Carmine è uno dei maggiori luoghi di culto cattolici di Pavia ed è un esempio notevole di gotico lombardo.   Fu iniziata nel 1374 e la sua costruzione proseguì lentamente anche per una interruzione dovuta agli impegni economici dei Visconti per la contemporanea costruzione della Certosa.   Fu ripresa nel 1432 ed ultimata infatti solo nel 1461, mentre la facciata fu completata nel 1490.   Fu restaurata più volte e gli ultimi interventi sono avvenuti fra il 2006 e il 2010.   Le volte sono a crociera archiacuta e i costoloni che suddividono la struttura delle volte sono in cotto in modo da formare un elemento cromatico in contrasto con l’intonaco chiaro.   Anche i pilastri presentano un accostamento cromatico con il cotto e la pietra grigia di Angera (nella zona sud orientale del Lago Maggiore).   In origine sul luogo era edificata la chiesa romanica dei Santi Faustino e Giovita (documentata almeno dal 1105) di proprietà dei canonici regolari di San Pietro in Ciel d’Oro.   Nel 1364 i Carmelitani dovettero abbandonare la primitiva chiesa di Santa Maria del Carmine, che occupavano dal 1298, perché l’edificio si trovava nella parte settentrionale della città, nell’area dove Galeazzo II stava facendo realizzare il castello Visconteo.   La chiesa fu quindi demolita per lasciare spazio al cantiere del castello, ma Galeazzo II risarcì i Carmelitani donando loro la vecchia chiesa dei Santi Faustino e Giovita e finanziando la costruzione di un nuovo, e più grande, edificio.
    A partire dal 1373 i Carmelitani avviarono la costruzione della nuova chiesa che si protrasse per oltre un secolo, poiché, oltre alla chiesa dei Santi Faustino e Giovita, dovettero anche far demolire quella di San Colombano minore (o San Colombano de Cellanova), una chiesa antica, fondata in epoca longobarda nell’VIII secolo, originariamente gestita dai monaci di San Colombano di Bobbio, ma che era stata già soppressa nel 1346 e i cui redditi erano stati assegnati alla Chiesa di San Giovanni Domnarum.
    Note tratte dal seguente sito, sul quale si possono leggere informazioni più complete:
     https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Santa_Maria_del_Carmine_(Pavia) ]



  10. Note sulla Chiesa di San Giovanni in Domnarum a Pavia:    ->>> Back

    [ La chiesa di San Giovanni Domnarum è una delle più antiche di Pavia.   Si erge in pieno centro storico, a pochi passi dalla Chiesa del Carmine, con una facciata (XV secolo) inglobata in un complesso abitativo.   L’ingresso attuale è all’interno di un cortile.   Fu fondata, secondo la tradizione, intorno al 654 dalla Regina Gundeberga, figlia di Teodolinda e Agilulfo, quando Pavia era la capitale del Regno longobardo, per farne sede della sua sepoltura.
    L’intitolazione a San Giovanni, indicherebbe la presenza, nei pressi dell’edificio sacro, di un battistero dedicato alle donne (domnarum).   Il toponimo potrebbe però anche riferirsi alla corte di ancelle che accompagnava la regina.   In epoca romana, nel luogo in cui fu costruita la chiesa, esisteva un complesso termale.   Gli sterri condotti nell’area della cripta nel 1914 asportarono inavvertitamente il pavimento romanico e scoprirono il livello inferiore dell’ipocausto di un calidarium romano, che fornì il materiale laterizio usato per la ricostruzione di XI secolo.
    Quest’ultima potrebbe essere stata necessaria, dopo il grave incendio di Pavia del 1004.   A questa fase risale la costruzione del campanile e della cripta ad oratorio.   Delle altre strutture romaniche, sopravvissute al successivo rifacimento seicentesco, si conservano ancora tracce nella parte alta delle murature della navata maggiore, in parte delle fondazioni e in una campata di quella che probabilmente era la navata laterale, con lacerti di affreschi analoghi a quelli della cripta.   La radicale ricostruzione avviata nel 1611, voluta dal prevosto Torriani, trasformò l’antico organismo in una chiesa a navata unica con tre cappelle per lato e un grande santuario-coro quadrato, in accordo con le esigenze liturgiche imposte dopo il Concilio di Trento (13 dicembre 1545).   Sopravvissero allo smantellamento della fabbrica medievale la cripta e il campanile, sul fianco nord del coro, entrambe testimonianze di un vasto intervento costruttivo che già attorno al Mille e nei decenni successivi dovette molto alterare o addirittura sostituire la precedente chiesa longobarda.   Il campanile, aderendo ad una tipologia diffusa in ambito pavese e milanese, si articola in alzato con una serie di specchiature con archetti pensili in cui si aprono semplici feritoie o monofore e una cella terminale a bifore.   La cripta, raggiungibile tramite una stretta e ripida scala nell’angolo nord-ovest, a causa dei rifacimenti seicenteschi che compresero l’innalzamento del presbiterio, fu chiusa e utilizzata come ossario rimanendo inaccessibile per secoli.   All’interno dell’ambiente sotterraneo un corridoio trasversale voltato a botte introduce alla zona corrispondente all’antica abside.   Ad est lo spazio è articolato a sala, con tre navate.   I sostegni centrali della volta sono realizzati con materiale di riuso di età romana provenienti dall’edificio termale sottostante, i cui resti emersero per la prima volta durante lavori intrapresi ad inizio Novecento, grazie ai quali fu riportata in luce la decorazione ad affresco sulle pareti.
    Note tratte dai seguenti siti, sui quali si possono leggere informazioni più complete:
     https://www.visitpavia.com/it/visitare-pavia/turismo-culturale-pavia/chiesa-di-san-giovanni-domnarum-pavia
     https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/PV240-00123/
     https://it.wikipedia.org/wiki/Gundeperga ]



  11. Note sul Duomo di Pavia, Cattedrale di S. Stefano e S. Maria Assunta:    ->>> Back

    [ Frutto di una plurisecolare stratificazione, il duomo nelle forme odierne fu iniziato nel 1488 e costruito sopra le due chiese romaniche gemelle di S. Stefano e S. Maria del Popolo, le cui strutture si possono ancora ammirare nelle cripte.   Si tratta di costruzioni che allocate su uno dei punti più alti della città sull’altura dominante il Ticino, rappresentavano anche il complesso episcopale.   Come per il Duomo di Milano se alla struttura generale della chiesa partecipano attivamente le più abili maestranze locali, per l’imposta della crocera dell’imponente tamburo con cupola, ben visibile per chi si avvicina alla città dal campagna circostante, vengono chiamati a dare contributi i più vivaci ingegni del Rinascimento.   Ecco allora che sul finire del XV sec., nel cantiere si susseguono le figure del Bramante e di Leonardo, brillanti architetti ducali.   Ma alla fine del ’500 era stato completato solo il corpo centrale della fabbrica: il tamburo viene eretto solo nel 1762-’68, la cupola nel 1884 quando il ferro poteva dare ausilio alla statica di luci così imponenti: si trattò per Maciachini, che si occupò del nuovo progetto, di ideare una doppia calotta di travature metalliche.   Lo stesso realizzò nel 1898 la facciata, caratterizzata da lesene bianche, che anticipa l’impianto interno tripartito e la diversa altezza delle navate, tramite i tre ingressi e da tre rosoni di dimensioni diverse.   Ma la piazza rimane troppo angusta per percepire l’intero impianto del fronte.   Nel 1933, l’opera fu completata con la realizzazione dei bracci del transetto.
    Note tratte dai seguenti siti, sui quali si possono leggere informazioni più complete:
     https://it.wikipedia.org/wiki/Duomo_di_Pavia
     https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/PV240-00052/ ]



  12. Note sulla tomba di San Siro nel Duomo di Pavia:    ->>> Back

    [ San Siro, secondo la tradizione, è il fanciullo che offre a Cristo i cinque pani e i due pesci da moltiplicare (cfr. Gv. 6,9), è consuetudine infatti nella sua iconografia raffigurarlo in abiti vescovili con il cesto ai suoi piedi.   Secondo le fonti, il Santo avrebbe seguito San Pietro a Roma e sarebbe stato inviato da lui in Pianura Padana per predicare e convertire le popolazioni.   Durante il suo viaggio si verificarono innumerevoli miracoli, che trovano una loro illustrazione nel ciclo di otto tele seicentesche, eseguite da Carlo Antonio Sacchi, Andrea Pozzo e Filippo Abbiati.
    Gli studi di Cesare Prelini hanno permesso di collocare cronologicamente San Siro come primo Vescovo di Pavia, vissuto nel IV secolo.   Fu sepolto nella chiesa che aveva costruito nell’area cimiteriale a nord-ovest della città di Pavia che venne poi con il terzo Vescovo di Pavia, Sant’Invenzio, intitolata ai Santi Gervasio e Protasio.   In questa basilica, nella seconda cappella di sinistra, si può ancora ammirare l’antico avello, scoperto dal Prelini nel 1875.
    Con la riapertura del Duomo nel 2011, è stata ricollocata l’urna contenente le reliquie del Santo nel braccio destro del transetto, nella cappella omonima.   L’urna dalla forma di baldacchino, realizzata in cristallo e metalli preziosi, è ricca nella parte superiore di decorazioni che esprimono la missione del Vescovo con alcuni episodi della sua vita.
    L’urna è un’opera pregevole ottocentesca, voluta dal Vescovo Agostino Riboldi nel 1879, quando ricompose le reliquie del Santo.
    Note tratte dal cartello esplicativo a fianco della cappella di San Siro. ]



  13. Note sulla statua bronzea del Regisole a Pavia:    ->>> Back

    [ L’origine della statua non è chiara: se alcuni ipotizzano che si trattasse del monumento al re ostrogoto Teodorico il Grande, fuso all’inizio del VI secolo, secondo altre fonti portato ad Aquisgrana da Carlo Magno e posto vicino alla cappella palatina (atto criticato da Valafrido Strabone nel suo "De imagine Tetrici", essendo Teodorico ariano).
    Secondo il cronista Riccobaldo da Ferrara (1246-1320), la statua si trovava originariamente a Ravenna e fu portata a Pavia da Carlo Magno, con l’intenzione di trasportarla ad Aquisgrana, ma una volta giunta a Pavia, il trasferimento non venne attuato e il regisole rimase nella città lombarda.   Secondo altre ipotesi, il gruppo equestre giunse a Pavia come bottino di guerra nel 740, quando Liutprando prese Ravenna o nel 751, anno in cui la città fu conquistata da Astolfo.   Altri credono che l’opera, documentata dal X secolo, fosse originariamente posta nel Palazzo Reale e trasportata nella nuova sede in seguito a un’insurrezione popolare del 1024, quando l’edificio venne distrutto.
    Ipotesi avvalorata dalla testimonianza del geografo arabo Ibrahim al-Turtuši, che viaggiò nell’Europa centro-occidentale tra il 960 e il 965 e visitò anche Pavia, il quale afferma di aver visto una grande statua equestre in bronzo posta presso una delle porte del Palazzo Reale.   Collocata quindi davanti alla cattedrale dopo il 1024, fu da allora uno dei simboli della citt’, raffigurato sul sigillo d’argento del Comune.   Doveva trattarsi comunque di un’opera tardoantica o dell’unico esempio di bronzistica monumentale del medioevo italiano, fuso con la tecnica della cera persa prima che andasse obliata, almeno in Europa occidentale.   Il nome derivò forse da "Rege[m] Solis", poiché ricoperto anticamente di dorature che riflettevano i raggi solari, oppure dalla posizione del braccio alzato che sembrava "reggere" il sole, o ancora dalla parola "regisolio", cioè trono regale.   Secondo il cronista Benzo d’Alessandria, durante una guerra tra pavesi e ravennati, i primi avrebbero preso a Ravenna il Regisole e l’avrebbero portato a Pavia, mentre i ravennati, per vendetta, avrebbero strappato alcune lamine di bronzo dorato da una porta urbica di Pavia e, sempre tramite il Po, le avrebbero trasportate nella loro città.   Il racconto di Benzo non ha trovato riscontri storici ed è una leggenda, tuttavia, ancora nel Quattrocento veniva dato un certo credito alla sua ricostruzione, tanto che, nel 1435, il condottiero visconteo Niccolò Piccinino, dopo la conquista di Ravenna, inviò, tramite imbarcazioni, a Pavia due porte bronzee di età tardo romana (ora conservate nei Musei Civici), che secondo la tradizione erano state predate dai ravennati durante il leggendario assedio di Pavia.   Nel 1315, dopo presa della città, i Visconti portarono la statua a Milano, ma la restituirono ai pavesi nel 1335.   Dopo che Galeazzo II trasferì la sua residenza da Milano a Pavia, molti ospiti illustri della corte dei Visconti ne rimasero colpiti: Francesco Petrarca ne parlò in una lettera al Boccaccio, e, più tardi, Leonardo da Vinci la ammirò nel 1490, mentre visitava la città con Francesco di Giorgio Martini.   Fu uno dei modelli a cui attinsero gli scultori del Rinascimento per far rinascere l’arte del monumento equestre.   La statua aveva una mano sollevata come il Marc’Aurelio e il cavallo teneva una zampa sollevata per evidenziare il dinamismo.   Per ovviare però ai problemi statici, sotto lo zoccolo sollevato del cavallo un cagnolino in piedi sulle zampe posteriori faceva da decorazione e punto di scarico per il peso.   Una soluzione analoga venne ripresa, nel 1446, da Donatello per il Monumento equestre al Gattamelata a Padova, prima statua equestre del Rinascimento.   Nel 1527, durante il Sacco di Pavia, la statua venne trafugata da un soldato di Ravenna, un certo Cosimo Magni, che fece caricare la statua su di una barca, con l’intenzione di inviarla nella propria città.   Ma la nave fu fermata a Cremona per ordine di Francesco II Sforza e, dopo essere rimasta a Cremona per cinque anni, venne infine riportata a Pavia.   La statua venne distrutta nel 1796 dai giacobini pavesi (contro il volere degli occupanti francesi, che intendevano trasportare in Francia il monumento), desiderosi di sbarazzarsi di ogni simbolo della monarchia presente in città.   L’abbattimento della statua, osteggiato dalla maggior parte dei cittadini, fu uno degli episodi che innescò la rivolta antifrancese di Pavia.   Nel 1809 l’amministrazione della città vendette i pezzi superstiti dell’opera, fino ad allora conservati in un magazzino, per finanziare alcune opere pubbliche.   Verso la metà degli anni trenta del Novecento si decise di affidare allo scultore Francesco Messina l’esecuzione di una copia del Regisole strettamente basata sulle riproduzioni antiche.   Il nuovo Regisole, una statua bronzea alta 6 metri posta su una base di travertino, fu così ricollocato davanti al Duomo e solennemente inaugurato l’8 dicembre 1937.
    Note tratte dal seguente sito, sul quale si possono leggere informazioni più complete:
     https://it.wikipedia.org/wiki/Regisole ]



  14. Note sulla Basilica di San Michele Maggiore di Pavia:    ->>> Back

    [ La primitiva chiesa intitolata a San Michele Arcangelo fu costruita in età longobarda.   L’edificio è infatti documentato per la prima volta ai tempi di Grimoaldo (662-671) e probabilmente la sua fondazione risale a quel periodo.   In età carolingia, la chiesa era ancora affidata a un collegio di chierici e fu sede di cerimonie ufficiali.
    Nell’839 nella basilica fu battezzata Rotruda, figlia dell’imperatore Lotario I e di Ermengarda.   Nel X secolo l’edificio compare nei documenti con il nome di San Michele "Maggiore" (probabilmente per distinguerlo dalla chiesa di San Michele "Minore", che nel frattempo era sorta appena fuori dalle mura di Pavia) e viene indicato come chiesa palatina, cioè legata al palazzo dei re, che si trovava pochi isolati più a Nord.   Alcuni scavi archeologici effettuati presso la basilica nel 2018/2019 hanno portato alla luce resti di edifici altomedievali probabilmente riconducibili al Palazzo Reale.   A Pavia fu coniata la prima moneta longobarda, la quale raffigurava proprio la chiesa di San Michele.   Questo primo edificio fu distrutto da un incendio nel 1004.   La costruzione della nuova chiesa, ossia dell’attuale basilica, iniziò verso la fine dell’XI secolo (a questo periodo risalgono cripta, coro e transetti) e fu sicuramente completata entro l’anno 1130, con una interruzione dovuta al grande terremoto del 3 gennaio 1117.
    Della chiesa precedente rimane il campanile, risalente al X secolo.
    Nella basilica furono (sicuramente) incoronati diversi re d’Italia:
    Berengario I, nell’888
    Guido da Spoleto, nell’889
    Ludovico III, nel 900
    Rodolfo di Borgogna nel 922
    Ugo di Provenza, nel 926
    Berengario II con il figlio Adalberto II, nel 950
    Arduino d’Ivrea, nel 1002
    Enrico II, nel 1004
    Federico I detto il Barbarossa, nel 1155 (domenica 17 aprile).
    Tra le reliquie conservate nella basilica, in una teca all’interno dell’altare maggiore, ci sono quelle di tre santi:
    - Sant’Ennodio, nato ad Arles intorno al 473 ed educato a Pavia da una zia dopo esser diventato orfano dei genitori.
    Guarito da una grave malattia per intercessione di San Vittore prese gli ordini e nel 494 Epifanio, vescovo di Pavia, lo ordinò diacono.   Nel 513 il clero e i fedeli di Pavia lo vollero come vescovo.   Morì a Pavia il 17 luglio 521.
    - Sant’Eleucadio, di origine orientale, nella seconda metà del II secolo fu il terzo vescovo di Ravenna e succedette a Sant’Apollinare.   Ravenna dedicò una basilica a Eleucadio.   Nel 751 Astolfo, re dei Longobardi re prese da Ravenna l’arca con le reliquie di Eleucadio e le trasportò in San Michele.
    - Sant’Aldo eremita: si ritiene che Aldo abbia condotto la sua vita di monaco eremita prima nei dintorni di Bobbio poi di Carbonara al Ticino di Pavia.   Il suo corpo passò dalla chiesa di San Colombano Maggiore a Pavia, per poi passare dalla Cattedrale e giungere infine a San Michele.
    All’interno dell’altare della cripta sono conservate le seguenti reliquie:
    - San Massimo, vescovo di Pavia e predecessore di Ennodio.   Le sue reliquie, conservate fino al 1866 nella chiesa di San Luca, sono poi state traslate in San Michele.
    - San Pietro I, vescovo di Pavia dal 730 al 743.   I suoi resti conservati prima nella chiesa di San Giovanni in Borgo fino al 1805, poi trasportati nella chiesa di San Luca e quindi nel 1866 a San Michele.
    - San Brizio, vescovo di Tours morto nel 444.   Nel 1863, con una lettera dell’arcivescovo di Tours Joseph Hippolyte Guibert scritta al fabbriciere Carlo Dell’Acqua venne però alla luce che le reliquie non sono del santo vescovo di Tours.
    Numerose sono le reliquie conservate a San Michele, oltre a quelle presenti nell’altare della basilica e nell’altare della cripta, il catalogo stilato da don Pietro Agnelli conta circa 235 reliquie di cui 100 contenute in piccole teche.
    Di quelle più rilevanti, ricordo le seguenti:
    - San Carlo Borromeo, nato ad Arona nel 1538, vescovo nel 1563, che divenne arcivescovo di Milano, ove morì nel 1584.   Beatificato nel 1602 e canonizzato nel 1610, una sua reliquia è contenuta in un ostensorio custodito in un armadio.
    - Beato Lanfranco, nato a Pavia nel 1005, divenuto arcivescovo di Canterbury nel 1070 e morto nel 1089.   La reliquia fu donata a san Michele nel 1867 dal cardinale Trevisanato, patriarca di Venezia.   Lanfranco fu il predecessore di Sant’Anselmo di Aosta (1033 - 1109) divenuto anch’esso Arcivescovo di Canterbury nel 1093.
    Le tante altre si possono scoprire accedendo al seguente sito, molto più completo su questo argomento:
     https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_San_Michele_Maggiore ]



  15. Note sulla Basilica e Chiesa di San Teodoro di Pavia:    ->>> Back

    [ La basilica di San Teodoro è una chiesa di impianto tardo romanico situata nel centro storico di Pavia.   Risalente al XII secolo, l’aspetto originario è stato ripristinato con i restauri effettuati a cavallo del Novecento.   Ospita cicli di affreschi rappresentanti le storie di Sant’Agnese e San Teodoro e due importanti affreschi attribuiti a Bernardino Lanzani con vedute di Pavia del XVI secolo.   La basilica fu edificata su una precedente chiesa altomedievale dedicata a sant’Agnese sorta in epoca longobarda alla metà dell’VIII secolo.   Successivamente la basilica, dopo che vi furono trasferite le spoglie, venne intitolata a San Teodoro (VII secolo – 778; il ventunesimo vescovo di Pavia).   Davanti della cripta è collocata una statua marmorea policroma risalente al Trecento di San Teodoro che reca in mano la rappresentazione simbolica della città di Pavia.   Sui pilastri della chiesa sono presenti numerosi affreschi votivi del XIII secolo (tra cui quello di Sant’Elena).   Nella prima campata della navata sinistra, dietro il battistero, vi sono due vedute (a volo d’uccello) di Pavia, la prima, ultimata, fu strappata e riportata su tela nel 1956, dato che durante i restauri ci si rese conto che celava un secondo affresco (dal medesimo tema) incompiuto.
    Le vedute furono commissionate dal parroco Giovanni Luchino Corti come ex voto civico per la vittoria di Pavia nel lungo assedio del 1522 e furono, forse, realizzate da Bernardino Lanzani o da un anonimo artista lombardo (definito dai critici "Maestro delle Storie di Sant’Agnese") tra il 1522 e il 1524.   La città è rappresentata in modo realistico, si possono osservare i principali edifici di Pavia, mentre sono rappresentati anche combattimenti intorno alle mura.
    Al centro campeggia la figura di Sant’Antonio Abate (titolare della cappella e protettore del sobborgo di Pavia posto oltre il Ticino) mentre in cielo, sopra la città, si trovano le figure dell’Eterno Padre, di San Siro, Teodoro e Agostino.
    Altre informazioni si possono scoprire accedendo al seguente sito, molto più completo su questo argomento:
     https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Teodoro_(Pavia) ]



  16. Note sul monumento alla Lavandaia di Pavia:    ->>> Back

    [ Quando si visita Pavia lo si fa principalmente evocando Ugo Foscolo o Alessandro Volta, Albert Einstein o Federico Barbarossa, personaggi legati in qualche modo alla città lombarda.   Ricca di chiese, loggiati e cortili, con una delle università più antiche d’Italia, offre diverse attrazioni più o meno note.   Il visitatore curioso può trovarsi a passeggiare per il Borgo Ticino, sulla sponda destra del fiume, luogo che ancora mantiene intatta la sua originaria atmosfera intrisa di storia, leggenda, vita quotidiana e lavoro.   Qui le case colorate erano un tempo abitate soprattutto da chi viveva a pieno il fiume, ovvero barcaioli e lavandaie.   Ed è qui che si può ammirare infatti la Statua della Lavandaia, un’opera in bronzo dello scultore Giovanni Scapolla realizzata nel 1981, che si trova lungo la caratteristica Via Milazzo.   È stata qui posta proprio in ricordo delle tante donne che si recavano lungo le rive del fiume per lavare i panni.   Su una delle lastre di marmo del basamento della statua è incisa una poesia in dialetto pavese del poeta Dario Morani.   Era un lavoro mal retribuito, duro e faticoso, tanto che d’inverno venivano accesi fuochi per scaldarsi che venivano chiamati "fughon".   Ed è rimasto in voga fino agli Anni Settanta del secolo scorso.

    Attorno alla figura della lavandaia ruotano diverse curiosità, specie se si pensa che lo scultore stesso, nel realizzare la statua, prese ispirazione da sua madre, nota lavandaia chiamata: "Sciura Teresina", rappresentata con la classica caplina in testa, il tipico cappello leggero di paglia.   Molte di queste donne sono passate alla storia per le caratteristiche che le distinguevano dalle altre, come la famosa Angiuleta, la Marieta dai piedi storti o la Gianina dal grande di dietro.   Le lavandaie lavoravano tutto il giorno sulla riva e di notte i panni venivano lasciati ammollo in grandi recipienti di cemento per poi essere portati in riva al fiume e sciacquati.   A raccogliere i panni puliti e a consegnarli a tutta la città erano gli uomini e i bambini.   Come le mondine nelle risaie, anche le lavandaie passavano il tempo cantando, per lo più arie operistiche come "La donna è mobile" del Rigoletto di Verdi.   Nel 2016 la Statua della Lavandaia ha compiuto 35 anni ed è stata celebrata dal comitato del Borgo Ticino con una grande festa alla quale hanno partecipato anche due anziane lavandaie a testimonianza di una dura realtà del pavese.
    Testo di Flaminia Giurato
    Qui di seguito ecco il testo del poeta Dario Morani (n. Pavia 23-11-1897 -- m. Sanremo 14-1-1980) in dialetto pavese, inciso in una lastra alla base del monumento:

    BURGH A BASS
    ’NA FILA AD CASETT CULURÀ
    VÜNA SÜ, VÜNA GIÙ
    E UN VÉL AD NEBIA IN GIR.
    DADRÉ UNA SÊS AD PIANT GRIS
    LA FILTRA AL FÜM DI CAMIN
    IN SL’ARSIN LA BRINA
    LA DISEGNA I BASÉ
    E L’ACQUA SCÜRA
    LA SPECIA UN SU MALÀ
    ME OMBAR,
    I LAVANDÉR,
    I SBATN I PAGN
    PER GUADAGNASS
    LA MICA.

    BORGO TICINO
    Una fila di casette colorate
    Una su, una giù
    E un velo di nebbia in giro.
    Dietro una fila di piante grigie
    Filtra il fumo dei camini
    Sull’argine la brina
    Disegna i gradini
    E l’acqua scura
    Specchia un sole malato
    come ombra.
    Le lavandaie sbattono i panni
    Per guadagnarsi
    La mica (il pane).

    Note tratte dai siti:
     http://siba.unipv.it/buniversitaria/bu/index.php?it/307/dario-morani
     http://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=1513 ) ]

 
 


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