Cronaca dell’escursione sulle prime tre tappe della Via Francigena in Piemonte,
insieme con i soci della Sezione di Cuneo dell’Associazione "Giovane Montagna"
(dal 28/4 al 30/4/2022)

( da Pont-Saint-Martin (VdA) [m 345 slm] a Santhià (VC) [m 183 slm] per circa 75 km )

Cronaca della 3° Tappa sulla VF in Piemonte (Roppolo -> Santhià)


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In cammino insieme con i soci della
Associazione G.M. ("Giovane Montagna")
Sezione di Cuneo


( sulle prime tre tappe della Via Francigena in Piemonte, partendo dalla Valle d’Aosta )
(da Pont-Saint-Martin a Santhià)

Escursione organizzata dai responsabili della sezione G.M. di Cuneo

Cronaca a cura di Enea Fiorentini (G.M. di Roma)
(28 - 30 Aprile 2022)


 
           NOTE VARIE:

  1. Un cenno sulla storia di Roppolo:    ->>> Back

    [ Il toponimo Roppolo trae origine da tre ipotesi: dal latino ara-Apollinis (cioè altare di Apollo), la cui venerazione romana fu ereditata dai greci, oppure dal prediale germanico Ropolo, Roptulo, attestato dall’anno 943, mentre una terza ipotesi arriverebbe dal piemontese rocol, e cioè rocca, arroccamento.   I primi insediamenti tra il biellese e la pianura padana furono le tribù celto-liguri victimule (tuttavia maggiormente insediate nei vicini Dorzano e frazione San Secondo di Salussola), scalzate poi dalle espansioni romane in Piemonte del III secolo d.C., dove gli eserciti utilizzarono la cima della collina come roccaforte e avamposto militare.   Nei secoli a venire, l’antica fortificazione fu usata come basamento architettonico di quello che è l’attuale castello, visibile sulla collina.   Di un insediamento d’origine romana a cavallo tra il IV e V secolo abbiamo poi pochi resti in località Pioglio, ai confini di Cavaglià, dove fu rinvenuto un castrum, chiamato Castronovo, presso la collinetta di San Giacomo.   Il nome Roptul fu attestato per la prima volta nel 936, su una delega dell’imperatore germanico Ottone I di Sassonia sul vercellese, e consegnato ai nobili del territorio, tali conti Aymone (o Aimone) di Cavaglià, durante le investiture anscariche sulla marca d’Ivrea.   Qualche decennio più tardi, fu anche citato come tappa dell’itinerario di pellegrinaggio della Via Francigena.   Sappiamo che dal X secolo l’intera zona fu ampiamente cristianizzata, grazie a dei documenti lasciati da Frate Lebole, monaco storico viveronese del XIX secolo.   Furono erette delle pieve, come la pieve di san Pietro, oggi sotto il territorio della vicina Cavaglià, oppure la pieve di san Secondo (XIII secolo), sotto la vicina Salussola.   Notizie tratte liberamente dal sito: https://it.wikipedia.org/wiki/Roppolo ]



  2. Un cenno sulla storia del Castello di Roppolo:    ->>> Back

    [ Costituiti i feudi sul finire del X secolo, gli Aymone cedettero il territorio alle contee longobarde del Comitato di Lomello, sempre del ramo nobile anscarico sotto protezione di Ottone III di Sassonia.   Nel 1225, questi li ricedettero a loro volta ai conti Bichieri di Vercelli, i quali si preoccuparono di riedificare l’ormai fatiscente fortificazione collinare romana in un castello medievale, cioè nella sua attuale forma.   I Bichieri del XIII secolo diedero splendore al paese.   Per essi, fu anche costruita una casa monacale, la Santa Margherita, che servì anche da lazzaretto durante la peste.   Lì, sorgerà l’attuale villa dei Rampone (XIV secolo) che si affaccia sulla piazza omonima, e dove ancor oggi si può ancora vedere la chiesetta dedicata alla beata monaca domenicana Emilia Bichieri da Vercelli (1238-1314).   Borgo e castello passarono poi in mano ai longobardi Visconti nel 1315, che iniziarono a usarlo come alloggiamento signorile.   Come per la vicina Viverone e altri borghi vercellesi, il territorio roppolese fu barbaramente conquistato dal mercenario Facino Cane, al soldo del Marchesato del Monferrato.   Ripresi però i territori dai Savoia nel 1427, Roppolo passò sotto la signoria dei piemontesi Valperga nel 1441.
    Il murato vivo:   Castello e borgo ritorneranno di proprietà sabauda attraverso il conte Giano del Genevese (figlio di Amedeo IX), a causa di una storia singolare legata al castello, e cioè quella del murato vivo.   Durante i restauri nel XX secolo furono ritrovati, dietro un muro, i resti di uomo intero, all’interno di un’armatura.   Le ossa furono attribuite a tal cavalier Bernardo di Mazzè: leggenda e storia si intrecciano.   Da alcuni documenti rinvenuti, pare che questi, in conseguenza di una disputa, fosse stato posto in un’armatura e murato, ancora vivo, dal rivale Ludovico Valperga di Masino, nel 1459.   Intervenne il conte Giano, che condannò la famiglia Valperga di Caluso-Masino a restituire il castello ai Savoia.   I Valperga ignorarono la confisca, e la causa durò dei decenni.
    Si dovette attendere il 1630, quando i Valperga si estinsero, per riprendere pienamente il possesso sia del castello che del borgo roppolese.   Nel XVI secolo poi, i Savoia fecero costruire una chiesetta con facciata prospiciente al piccolo piazzale dell’ingresso pedonale del castello stesso, conosciuta come la "Chiesetta del Castello", ma ufficialmente dedicata a San Michele Arcangelo, eretta sui resti di una più antica chiesa romanica del XII secolo, quest’ultima ancor visibile dal versante orientale, e nella quale è conservata un’icona lignea di Gaspare Serra (1738).   Notizie tratte liberamente dal sito: https://it.wikipedia.org/wiki/Roppolo ]



  3. Un cenno sull’origine del Lago di Viverone:    ->>> Back

    [ L’origine del lago è correlata agli eventi glaciali verificatisi all’inizio dell’era quaternaria.   Durante l’epoca definita Pleistocene l’espansione dei ghiacciai fu dovuta all’aumento delle precipitazioni ed alla loro più uniforme distribuzione durante l’arco dell’anno; la riduzione delle temperature fu piuttosto modesta e riferita essenzialmente alla diminuzione della media delle temperature estive.   Dunque nel Pleistocene inferiore (1,65 milioni di anni fa) le calotte polari iniziarono ad espandersi, quella artica giunse fino al 52° parallelo di latitudine nord ricoprendo gran parte del Nord Europa ed influenzando il clima delle catene montuose alpina e pirenaica; i ghiacciai alpini si espansero e scesero lungo le valli.   Dalla Valle d’Aosta un enorme ghiacciaio, lungo oltre 100 km, di spessore fino a 800 metri e di larghezza di 2-3 km, sfociò nella pianura canavesana depositando durante le sue avanzate e ritiri (pulsazioni) una serie di sedimenti disposti a "ferro di cavallo" (in pianta), costituendo il cosiddetto: "Anfiteatro Morenico di Ivrea".   I laghi di Viverone e di Candia, residui di bacini un tempo più ampi, sono addossati al lato interno del Gruppo della Serra di Ivrea.   Questi ultimi si formarono tra la penultima (Pleistocene medio) e l’ultima (Pleistocene superiore) pulsazione glaciale, quando il ghiacciaio si ritirò per poi avanzare nuovamente formando la cerchia più interna (Gruppo Bollengo - Strambino).   Le acque di scioglimento restarono così intrappolate tra la cerchia più antica esterna e quella più recente interna.
    Notizie tratte liberamente dal Cartello turistico n.4 presente sul lago. ]



  4. Un cenno sulla storia di Cavaglià:    ->>> Back

    [ L’ipotesi principale dell’origine di Cavaglià è da Cabaliaca (varianti: cabanaca, cabaliate) da caballius poiché, molto probabilmente, luogo di crocevia, prima celtico e poi romano, di collegamenti militari tra le valli biellesi, la Pianura Padana e il Canavese, quindi utilizzato come stazione e rifornimento per i cavalli.   Il suo stemma araldico rappresenta, infatti, un cavallo rampante, col motto latino: "NON METU SED VI" ("Non con la paura ma con la forza").   Altra ipotesi, ma meno probabile, potrebbe risalire dal celtico caula, da cui il latino cavanac o cavaniac, a significare luogo geografico formatosi tra colli isolati, avvallamenti e convalli, e quindi ricco di cave naturali.
    Dal ritrovamento di un cromlech (monumento megalitico di menhir disposti in cerchio), principalmente a ridosso del torrente Elvo, e quindi ricollocati (nel 2005) in aperta mostra permanente presso l’incrocio della statale per Biella, si attestano dei primi insediamenti nel territorio di tribù celto-victimule già intorno al IX secolo a.C., come anche attestato dalla vicina frazione San Secondo di Salussola.   Scalzati dall’esercito romano intorno al II secolo a.C., questi ultimi cominciarono a tracciare le antiche vie di percorrenza verso Santhià-Vercelli e verso Biella.
    Cavaglià divenne quindi importante avamposto per i vari collegamenti nel Piemonte settentrionale.   Dopo il V secolo circa, l’agglomerato passò sotto la protezione vescovile del Capitolo di Sant’Eusebio di Vercelli, per poi finire, per breve periodo, sotto la dominazione marchionale degli Anscarici nel X secolo, attraverso i conti Aymone (o Aimone).   Tuttavia questi, sconfitti da Ottone I di Sassonia, dovettero lasciare i feudi al Sacro Romano Impero.   È intorno a questo periodo che Cavaglià fu anche indicata come tappa importante del pellegrinaggio lungo la "Via Francigena", che fu percorsa dall’Arcivescovo Sigerico di Canterbury.   Nel XII secolo, Cavaglià riuscì a ottenere un’indipendenza economica e diventare un borgo franco.   Sono attestate, in questo periodo, alcune importanti costruzioni religiose, quali i priorati di San Vincenzo e Anastasio e Santa Maria del Brianco, la preesistente chiesetta di Santa Maria di Babilone (l’attuale chiesa cimiteriale), e la pieve di San Pietro.   Nel XIV secolo il paese soffrì un tentativo di dominazione dei Visconti longobardi, respinti però dalla famiglia Avogadro che, nel 1404, si assoggettarono a Amedeo VIII di Savoia.   Nel 1560, Cavaglià passò quindi in proprietà alla ricca dinastia degli Scaglia.   Tuttavia, nel 1583 il paese si ribellò al potere di questi ultimi, per passare sotto i marchesati della corte di Carlo Emanuele I di Savoia, quest’ultimo più incline agli sviluppi economici del territorio.   All’inizio del XVIII secolo data la costruzione del castello, mentre la parrocchiale di San Michele Arcangelo risale alla seconda metà del Settecento.   Notizie tratte liberamente dal sito: https://it.wikipedia.org/wiki/Cavaglià ]



  5. Un cenno sulla storia di Santhià:    ->>> Back

    [ Santhià è stata probabilmente abitata sin dall’Età del Bronzo, come dimostrano alcuni ritrovamenti preistorici.
    La zona fu successivamente abitata dai Celti Liguri e dai Celti libici e passò al dominio romano alla fine del II secolo a.C.   Ricevette le denominazioni di Vicus Viae Longae e poi, in epoca cristiana, fu dedicata a Santa Agatha, da cui si deriva il nome attuale.   Con questa denominazione è menzionata in un documento dell’anno 999, per il quale Ottone III cedeva al Vescovo Leone di Vercelli alcuni territori e beni, tra i quali tutto l’oro della contea di "Sancte Agathe".   Rimase sotto il dominio dei Vescovi di Vercelli fin quando fu conquistata dai Visconti di Milano.
    Nel 1377 la città si consegnò ad Amedeo VI di Savoia, detto il Conte Verde.   In epoca rinascimentale e barocca Santhià fu frequente scenario di battaglie tra francesi e spagnoli, in particolare durante la guerra tra Francesco I di Francia e Carlo V (il cui Gran Cancelliere era Mercurino Arborio di Gattinara), con notevole sofferenze per la popolazione.   Tra i monumenti di maggior interesse per la città si ricorda la Collegiata di Sant’Agata, oggi chiesa parrocchiale ha subito varie trasformazioni nei secoli, sino ad assumere la forma attuale ad opera dell’architetto Giuseppe Maria Talucchi nel XIX secolo.   Le parti più antiche sono il campanile Romanico del XII secolo e la cripta di Santo Stefano.   È presente all’interno il Polittico di Sant’Agata, opera di Gerolamo Giovenone.
    Notizie tratte liberamente dal sito: https://it.wikipedia.org/wiki/Santhià ]

 
 


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