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[ Il Canale Demaniale di Caluso è senza dubbio una delle più antiche infrastrutture idrauliche del Canavese.
La sua costruzione risale alla seconda metà del XVI secolo quando la monarchia francese deteneva parte delle terre della pianura piemontese e le sorti della guerra, che allora combatteva contro limpero asburgico in Piemonte, stavano volgendo nettamente a suo favore grazie anche allopera del Maresciallo di Francia Charles de Cossé de Brissac, comandante delle truppe francesi al di qua delle Alpi, nominato inoltre nel 1550 governatore del re in Piemonte.
Nel 1556 Charles de Cossé acquistò da Flaminio Paleologo il feudo di Caluso e decise la costruzione di un canale che portasse acqua dal torrente Orco al suo feudo per irrigare quella parte di territorio e per produrre forza motrice per alcuni mulini della zona.
Egli ottenne da Enrico II re di Francia la concessione per derivare tale Canale dal fiume Orco e attraversare i territori di Castellamonte, Bairo, San Giorgio Canavese, Montalenghe, Orio, Barone, Caluso.
Stipulò successivamente, apposite convenzioni con i comuni ed i relativi proprietari dei terreni interessati.
Per la progettazione e lesecuzione dellopera venne dato incarico dal Maresciallo al suo ingegnere militare Francesco Orologi.
Il 3 aprile 1559, con il trattato di Cateau-Cambrèsis venne posto termine al conflitto franco-asburgico e la Francia, sconfitta, dovette restituire le terre savoiarde e piemontesi, tra cui Caluso.
Il maresciallo Brissac dovette quindi riconoscere come suoi signori feudali gli antichi nemici e ad essi dovette rivolgersi per ottenere il riconoscimento dei diritti sui suoi possedimenti piemontesi.
L8 febbraio 1560 Charles de Cossé de Brissac, ottenne dal duca Emanuele Filiberto di Savoia la conferma della concessione dacqua dal Torrente Orco per il Canale di Caluso e questi, per il tratto che scorreva nel suo territorio, concesse la salvaguardia ducale in caso di usurpazione di acque irrigue introducendo un magistrato con poteri giurisdizionali.
Lo stesso fecero i Duchi di Mantova per il trattato monferrino.
Ai primi di giugno del 1560 il maresciallo Brissac tornò definitivamente in patria.
Nel 1562 preferì permutare il feudo di Caluso, e con esso il canale omonimo con terre francesi della Casa di Mantova.
Nellatto di permuta si tenne nel dovuto conto la costruzione del Canale di Caluso che aveva reso possibile lo sfruttamento delle acque per lirrigazione e per la forza motrice di mulini.
Successivamente il Canale di Caluso detto anche "Bealera Brissacca" (in onore del Brissac) seguì le sorti del feudo calusiese che era prima del ducato monferrino poi di quello sabaudo.
Il Canale passò in seguito a diversi feudatari e, infine, ai Valperga Masino che lo cedettero al Regio Patrimonio Sabaudo nel 1760.
La Bealera di Caluso assunse quindi unimportanza di rilievo per lagricoltura del Canavese e del Piemonte.
Durante il Settecento i lavori sul corso del Canale furono molti.
Vennero aboliti alcuni ponti canali lungo il suo percorso.
Nel 1764 il Canale di Caluso viene ampliato (opere realizzate dallArchitetto Giacinto Bays) per portare lacqua al tenimento della Mandria di Chivasso dedicato allallevamento di cavalli al servizio della Corte sabauda.
Fu allora rettificata una parte dellalveo e furono costruite due gallerie sotterranee nel territorio di San Giorgio Canavese.
La prima galleria è denominata Bioleto e la seconda Fenoglio.
Nel 1767 venne allargato e allungato il corso del Canale fino alla Mandria di Chivasso con il "Regolatore della Mandria di Chivasso" e, in seguito, costruito il "Bocchetto" per inviare lacqua a Rondissone e Verolengo.
Venne, dunque, aumentata la portata del Canale.
Nel 1781 venne regolata limboccatura del Canale con il rifacimento dello sbarramento in pietra sullOrco e trasportata più a monte in corrispondenza della Bealera di Castellamonte già esistente.
È questo, dunque, un momento di grandi trasformazioni soprattutto dovute alle molte richieste dei vari comuni e dei privati, interessati dal corso del Canale.
Si trattava, oltre a necessità irrigue, di necessità produttive di nuovi mulini da canapa, fucine per la lavorazione del ferro, manifatture di cotone e seta.
Questo fenomeno è soprattutto riscontrabile nel periodo tra il 1786 e il 1789.
Lingegnere Ignazio Michela che documenta tali richieste, segnala la trasformazione delle forme delle bocchette per avere una maggiore portata dacqua (che venne poi regolamentata nel periodo di Carlo Alberto con lintroduzione di ununità di misura legale e controllabile).
Dalla relazione dello stesso si evince che sul Canale si contavano 53 ponti (di cui 23 in muratura) e 22 ruote di mulini o filatoi che usufruivano della forza motrice dellacqua.
Le migliorie apportate al corso e alla portata del Canale proseguirono fino allinizio del XIX secolo.
Nel periodo napoleonico il Canale fu affittato alla Società Pastorale che già gestiva la Mandria di Chivasso.
Tale società apportò migliorie al Canale tra cui la costruzione di un grande argine in pietra spaccata.
Successivamente vi si realizzò la costruzione di un ponte in ferro sospeso nei pressi di San Giorgio, uno tra i primi ponti sospesi in Italia.
Nel 1818 il Canale ritornò in gestione allAmministrazione Statale fino al 1865, data dalla quale il canale fu affidato allavvocato Ferrero fino al 1883.
Nel frattempo i proprietari agricoli della zona ottennero particolari concessioni per gli usi del Canale, essendosi riuniti in primi consorzi locali.
A partire dal 1884 venne dato in concessione al Consorzio Conduttore del Canale di Caluso.
Si trattava di un consorzio che aveva unificato tutti quelli precedentemente esistenti, e li aveva comunque mantenuti come consorzi secondari.
Negli anni 1949 e 1950 venne realizzata la costruzione della diga di derivazione dal torrente Orco che sostituiva quella antica di fine 700 che prevedeva lunificazione delle prese della Roggia di Castellamonte e della roggia di Agliè insieme al Canale di Caluso.
Dal 1980 in virtù della Legge 984 del 27 dicembre 1977 la titolarità dellalveo è stata trasferita alla Regione Piemonte che con atto del 19 dicembre 1980 lo ha dato in gestione al Consorzio stesso.
Una cosa è certa, il Canale di Caluso esiste ancora oggi, si è esteso e può raccontare la sua storia.
Dal XVI secolo infatti è passato di mano in mano e ha permesso lo svilupparsi di attività agricole, zootecniche ed economiche assumendo un ruolo fondamentale nel far consolidare un comprensorio irriguo ad alto reddito.
La conferma di questo ruolo si ha nel fatto che loncia di Caluso (24 litri/secondo) fu adottata come unità di misura per la distribuzione delle acque anche negli altri canali fino al 1837 quando fu introdotto il modulo albertino, nuova misura legale inserita nel sistema metrico decimale.
Dal 2002 al 2006, a seguito dei lavori per la realizzazione della TAV di Rete Ferroviaria Italiana, è stato realizzato, quale opera compensativa per le interferenze con la rete irrigua, il Canale Scolmatore del Canale Demaniale di Caluso.
Detto canale, che confluisce nella Dora Baltea presso il Comune di Mazzè ed ha una lunghezza complessiva di circa 4 km, è stato riconosciuto con la deliberazione della Giunta Regionale n. 60-5048 del 28/12/2006 come "manufatto accessorio, e di servizio, di pertinenza del Canale di Caluso", portando così leffettiva lunghezza dellintero canale a 32 km.
Il Consorzio, che dal 2005 ha assunto il nome di Consorzio dei Canali del Canavese con lo scopo di poter giungere ad un accordo per inserire allinterno della gestione altri Canali, nel 2019 è ritornato, con modifica statutaria al nome che ne ha segnato la storia ossia Consorzio del Canale Demaniale di Caluso.
Ma se la storia ritorna nel nome, il tempo ha evoluto lutilizzo delle acque derivate dal Torrente Orco nel Canale che ad oggi sono usate sempre con prevalenza a scopo irriguo ma con linstallazione di 13 centrali idroelettriche ad acqua fluente per la produzione di "energia pulita da fonti rinnovabili" con una potenza complessiva installata di circa 5.500 kW e 1 impianto di forza motrice per mulino ad oggi ancora in funzione.
Ecco alcuni dati riassuntivi del Canale Caluso:
8.500 ha è lestensione del comprensorio irriguo del Consorzio;
32 km è la lunghezza complessiva del canale Caluso;
5500 sono gli utenti consorziati;
300 km è la lunghezza totale della rete irrigua minore;
5487 kw è la potenza nominale complessiva delle centrali idroelettriche sul canale;
18 sono i comuni compresi in tutto o in parte nel comprensorio;
68 sono i "bocchetti irrigui" del canale che servono la rete irrigua minore;
9500 l/sec è la portata massima derivata dal Torrente Orco dal Canale Caluso;
15 sono i distretti irrigui che gestiscono la rete minore del comprensorio.
Notizie tratte dal sito:
https://www.consorziocanalecaluso.it/la-storia/ ]
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[ Il Consorzio del Canale Demaniale di Caluso è un Consorzio di Miglioramento Fondiario ai sensi del D.M. n. 5805 del 16 ottobre 1940 che ha in gestione, dal 1980, il Canale Demaniale di Caluso di proprietà della Regione Piemonte.
Ha sede nel Comune di Caluso (TO) e opera nel rispetto di uno Statuto approvato con D.G.R. 16 maggio 2019 N. 69 – 8978.
Ai sensi dello Statuto vigente, il Consorzio ha lo scopo di provvedere:
- alla gestione del Canale Caluso;
- alla migliore irrigazione dei terreni del comprensorio del Canale stesso;
- ad attuare iniziative ritenute atte ad incrementare la produzione agricola;
- alla costruzione, esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere riguardanti lalveo, gli edifici del Canale
Caluso, i cavi irrigui e delle opere di irrigazione;
- alla realizzazione di interventi di manutenzione degli impianti e di realizzazione di nuovi impianti collettivi;
- alla realizzazione, manutenzione e gestione di impianti di produzione di energia sul Canale Demaniale;
- allo svolgimento dei compiti ad esso conferito dalle vigenti normative;
- alla collaborazione con le autorità competenti per la gestione dellinsieme idrogeologico, per controlli in materia
di qualità delle acque nonché per lo studio per la realizzazione e gestione di iniziative nel settore delle risorse
idriche;
- alla promozione del riordino fondiario ed irriguo;
- alla promozione di iniziative atte ad incrementare lutilizzo dellacqua in concessione per uso forza motrice;
- allesecuzione, con proprio personale, di misure e monitoraggi idrologici secondo specifici protocolli tecnici
regionali.
Fanno parte del Consorzio, e sono iscritti ad ogni effetto di legge nel catasto consorziale, i proprietari dei terreni posti nel Comprensorio che sono irrigati e potenzialmente irrigabili con le acque del Canale Demaniale di Caluso e delle sue derivazioni, ed altresì i proprietari dei beni che comunque utilizzano le medesime o che in qualsiasi modo traggono beneficio dallattività del Consorzio.
Assumono altresì la qualifica di utenti con i relativi obblighi (nonostante qualunque patto in contrario) tutti coloro che per successione, per acquisto e per qualsiasi altro titolo idoneo a trasferire la proprietà, diventano proprietari dei terreni iscritti al catasto irriguo consortile.
Ne fanno pure parte, in luogo dei rispettivi proprietari, gli affittuari dei suddetti terreni i quali, ai sensi e per gli effetti delle norme vigenti, abbiano ottenuto liscrizione nei ruoli di contribuenza.
Il Direttore attuale (2024) del Consorzio del Canale Demaniale di Caluso è la dottoressa Alessandra Conti.
Notizie tratte dal sito:
https://www.consorziocanalecaluso.it/il-consorzio/ ]
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[ Alle falde delle colline di Macugnano, nel Canavese, si trova Agliè, antica cittadina resa illustre, nel corso della sua storia, da personaggi quali Filippo dAgliè e Guido Gozzano.
Il nucleo primitivo, di origine romana, era probabilmente situato sulle colline nella frazione di Santa Maria delle Grazie, già ricordato in documenti del 1019 come Macuncianum (Macugnano), come dipendenza dellAbbazia Fruttuaria di San Benigno.
A quel tempo Agliè era un castello eretto per difendere Macugnano.
Successivamente Agliè prese il sopravvento su Macugnano (laltro centro di Cassadio, ora scomparso) per la sua posizione fortificata.
Agliè compare nei documenti per la prima volta nel 1141: i feudatari del Canavese si divisero il territorio e il paese divenne una delle terre dei San Martino di Rivarolo e di Agliè.
I tre centri si riunirono poi a scopo difensivo in ununica Comunità che nel 1259 rientra nei possedimenti dei San Martino.
Forse meglio governata di altre città e paesi, Agliè non partecipò al Tuchinaggio, rivolta popolare antifeudale e antisavoiarda del secolo XIV, tra il 1386 ed il 1391.
Gli alladiesi chiesero ai loro signori, i Conti di Agliè, alcuni privilegi e concessioni e li ottennero per la fedeltà dimostrata ai loro feudatari al tempo del Tuchinaggio.
Nel 1448 vennero concessi gli statuti comunali i cui testi sono tuttora conservati nellarchivio del municipio.
Con i Savoia crebbe linfluenza dei Conti di Agliè, che estesero i loro poteri su Bairo, Torre, Ozegna, parte di Pont, Salto, Rivarolo e Castelnuovo.
Agliè subì le conseguenze della guerra tra Savoia e Francia, avvenuta dopo la metà del XVI secolo.
Quando, nel 1561, la pace fu ristabilita, i Conti suoi signori giurarono fedeltà al Duca Emanuele Filiberto di Savoia.
Personaggio centrale della storia del paese fu il Conte Filippo San Martino di Agliè, colto letterato, coreografo e politico insigne, nato nel 1604.
Intrapresa la carriera delle armi, nel 1630 divenne luogotenente della Compagnia delle Corazze di Vittorio Amedeo I.
Questi morì nel 1637 ed essendo suo figlio Carlo Emanuele II troppo giovane per la successione, la madre Cristina di Francia, figlia di Maria dei Medici ed Enrico IV, assunse la reggenza.
Nel 1764 il feudo di Agliè venne acquistato da Carlo Emanuele III che lo diede in appannaggio al suo secondogenito Benedetto Maria Maurizio, duca del Chiablese.
Questi incaricò larchitetto di corte Ignazio Birago di Bòrgaro di ricostruire e ampliare il castello che subì modifiche sostanziali sul lato verso la piazza.
Tra il 67 e il 75 vennero costruite la galleria che collega il castello alla chiesa, la chiesa stessa col campanile che sostituì la precedente vecchia torre civica.
Il Parco è il risultato di due differenti fasi, la prima settecentesca a cui risale lEsedra della Fontana dei fratelli Collino; la seconda ottocentesca caratterizzata da adattamenti "allinglese".
Ha unestensione di circa trenta ettari, attraversato da sette chilometri di viali e sentieri, ricco di piante centenarie.
Il progetto è attribuito a Michel Bernard, per la parte settecentesca; la successiva trasformazione a Xavier Kurten.
Durante la dominazione napoleonica, Agliè fu invaso dai francesi nel 1796, e il castello fu spogliato di mobili e suppellettili.
Con la Restaurazione il Castello nel 1814 ritornò ai Chiablese.
Finita lera bonapartista, Carlo Felice prese possesso nel 1825 del castello alladiese, facendolo restaurare dallarchitetto Borda di Saluzzo che costruì allinterno un piccolo teatro.
Con la morte del Re, la Regina vedova Maria Cristina di Borbone divenne lusufruttuaria, ed alla sua morte (1849) la proprietà passò al secondogenito di Carlo Alberto: Ferdinando, Duca di Genova.
Nel 1939, dopo anni di lunghe trattative con aspiranti acquirenti, i principi di Savoia-Genova vendettero allo stato il complesso del castello.
Notizie tratte dal sito:
Progetto rifacimento di Piazza Setificio ad Agliè file:///C:/Users/Enea/Downloads/DIP_PIAZZA%20SETIFICIO-1.pdf ]
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[ Il castello ducale di Agliè (in piemontese ël castel dAjè) è, unelegante ed imponente costruzione situata nel comune di Agliè, nella città metropolitana di Torino.
Ledificazione del suo nucleo centrale, del quale sono tuttora identificabili le tracce, è iniziata nel XII secolo per conto della famiglia comitale dei San Martino, originari del Canavese.
Nel 1939 lo Stato acquistò dalla Casa Reale il castello (per 8 milioni di lire) che venne adibito a Museo.
Negli anni ottanta è stato oggetto di un ulteriore delicato restauro.
Attualmente è stato sottoposto ad importanti lavori di consolidamento statico e restauro che impedivano la visita di buona parte delle sale.
Fa parte del circuito dei castelli del Canavese e, dal 1997, è parte del sito UNESCO Residenze Sabaude.
Nel 2016 ha fatto registrare 44.323 visitatori.
Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali lo gestisce tramite il Polo Museale del Piemonte che, nel dicembre 2019, è divenuto Direzione regionale Musei.
Negli ultimi anni il castello è stato usato come ambientazione per le serie televisive: "Maria José", "Elisa di Rivombrosa" e "La bella e la bestia".
Notizie tratte dal sito:
https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_ducale_di_Agli%C3%A8 ]