<... Cera una volta una strada.
Allinizio fu percorsa da un popolo barbaro, i Longobardi nel secolo VI dopo la caduta dellimpero romano.
Poi per mille anni portò a Roma dal nord e viceversa gente innumerevole, i traffici, gli eserciti, i pellegrini.
Oggi noi ricordiamo come periodi salienti gli Anni Santi, con pellegrini a centinaia di migliaia.
Dopo 10 secoli, questa strada famosa cadde nelloblio.
30 0 40 anni fa non si sapeva nemmeno dove passava ed ancora oggi alcuni tratti sono discussi.
Cera una volta anche il pellegrino.
Esiste ancora oggi, sopravvissuto, non è molto cambiato nei secoli.
Stesse emozioni, simili gli intenti, stessa la fatica, simili le difficoltà, simili le aspettative e le debolezze,
le paure.
Su un elenco del 1291 ma che risale al 1246 delle casate nobili di Trieste (una nobiltà spicciola, perché era
un piccolo borgo di trafficanti), compaiono i Burlo o Burolo nei nomi di nonno Tebaldo e la sua sposa Dominica.
Avevano generato Arno o Arnoldo nel 1246.
Nei registri del 1291 fu descritto come "mercator" e "peregrinus".
E un mio concittadino ed in qualche modo sento che ha punti di contatto con me, pur se ci separano molti secoli.
Fonte del benessere di Arno era il commercio di sale che egli portava dal mare alla Carniola.
Mestiere duro, si viaggiava con muli, si entrava in territori non sicuri, occorreva approfittare di ogni occasione per
fare denari.
Ma era riuscito... >
ARNO:
<... Eccomi qui come "peregrinus".
Ora sono nella cattedrale.
La cerimonia di partenza da casa per andare a Roma era in corso.
Mi sentivo estraneo.
Mi pareva che la cerimonia fosse per un altro.
Quasi non credevo fosse per me.
Fu chiamato il mio nome e mi svegliai.
Ricevetti davanti a tutta la comunità il "baculum", cioè il bastone da pellegrino, la bisaccia simbolo di tutti
i bisogni che avrò da pellegrino.
Lantica formula fu recitata dal sacerdote sullaltare:
"Accipe hunc baculum" ( Accetta questo bastone ).
( Ricevi questa bisaccia... ) "Accipe hanc peram, habitum peregrinationis tuae - ad limina Sancti Petri - qui vivit et
regnat, Deus, in saecula saeculorum."
Ormai era fatta.
Superate tutte le esitazioni dovevo partire...
Perché ero arrivato lì, alla mia età, su quell'altare?
Perché questa cerimonia che mi staccava da casa, per un'impresa difficile, forse senza ritorno?
Avevo fatto testamento: entro 3 anni se non tornavo sarebbe diventato valido ed eseguito.
La comunità in silenzio e con ammirazione assisteva muta.
Pellegrino come me era anche un condannato, cui un tribunale aveva sentenziato che doveva pellegrinare a Roma e dopo a Santiago in Spagna.
Aveva come me la credenziale.
Su quel foglio doveva farsi mettere il sigillo di ogni parrocchia ed abbazia dove si fermava.
Avrebbe così ottenuto il Testimonium, la pergamena che veniva consegnata ai pellegrini davanti al Soglio di S. Pietro.
A Santiago avrebbe ricevuto il documento detto Compostela.
Solo allora sarebbe potuto tornare a Trieste.
Ci si aspettava che sarebbe rimasto lontano per almeno 3 anni.
Sono emozionato.
Ho una buona posizione in città, la famiglia è sistemata ed ho una bella "stancia", casa di campagna, con campi vicino Umago.
Ma parto.
Nell'intimo ho qualche dubbio.
Perché?
E' un fatto, con l'avanzare dell'età la vita non mi soddisfa più.
Non mi stimola.
Fare buoni affari non mi appaga come una volta.
Lo scopo della vita non può essere solo fare buoni affari, tirare su la famiglia.
Sento disagio, quando vedo che sono accettato per quello che ho fatto, non per il mio valore.
In casa sempre più spesso le decisioni le prendono i miei figli.
Fuori casa sono protetto dalla mia posizione e dalla reputazione.
In breve non sono ancora vecchio ma mi sento inutile.
Voglio invece provare a me stesso che sono ancora in grado di affrontare le difficoltà con le mie forze, voglio
provarmi in circostanze nuove, farmi amici per quello che valgo, non per quello che possiedo, conoscere luoghi nuovi e fare
qualcosa che dia valore alla mia vita e provare a me stesso ed alla comunità che faccio qualcosa di importante.
Sono ormai vecchio e sento anche che quello che faccio deve avere valore per la mia anima.
Ecco, sì, quello che devo fare è un pellegrinaggio e Roma, poiché è la meta più nobile ora che le Crociate sono finite.
Eccomi in cammino.
E' una gioia sentire come tutto il corpo è in azione durante il cammino.
La mente è libera di indagare, riflettere, ricordare nel senso più spazio, mentre il resto del corpo è in movimento e
senti tutto il tuo essere coinvolto.
Gli occhi portano di continuo nuove sensazioni spaziando attorno, mentre procedi e vedi nuove prospettive.
Hai la sensazione che tutto il tuo corpo sia utilizzato e godi nel vedere che ti interessi del mondo che ti circonda.
Le nuvole laggiù porteranno pioggia?
L'itinerario che fai è il migliore?
C'è qualche gorgoglio di acqua?
Si alternano riflessioni sulla tua vita, sui tuoi problemi, su come scorre la vita.
Ma ti interessa anche vedere cose nuove e fare nuove esperienze.
Così con il mio "baculum", la bisaccia, la zucca per l'acqua e la conchiglia per chiedere, elemosinare, sono in cammino.
Mi incontro con un altro viandante che cammina nella mia stessa direzione.
Lo raggiungo e.. "ghe digo ciacolando in cichera: Ei, sior, cossa la va a Roma?"
El me risponde: "Se votu? Io vai a ciatar pulenta."
Capisco che mi devo abituare a mondi ed usanze nuove e che devo comprenderle e superarle.
Passo la lunga pianura veneta.
Ormai comincio ad abituarmi alla nuova vita.
Le emozioni sono intense.
Vedo la Basilica del Santo a Padova, vado anche ad ascoltare una lezione allo Studium ma è tutta in latino.
E' interessante l'insegnante, che è inglese e gli studenti di tutta Europa.
Il latino è la lingua franca, tutta l'Europa colta la capisce e la parla.
Continuo e mi colpisce l'Abbazia di Nonantola fuori Modena.
Immensa, poderosa costruzione, fondata dai Longobardi.
Gli Abati sono molto potenti ed hanno più di mille monaci.
Io sono accolto nella foresteria.
E' una fortuna trovare delle Abbazie o monasteri lungo il cammino.
I monaci hanno il dovere dell'accoglienza dei pellegrini.
Questa è molto semplice ma essenziale e fa sentire la dignità del compito che ci siamo imposti.
Attraversai l'Appennino e sperimentai cosa vuol dire affrontare il maltempo in Toscana.
Rischiai di congelarmi.
Fui ricoverato in una piccola chiesetta vicino al passo.
Ci viveva un prete solo, direi un eremita.
Era piccolissima.
Ma sperimentai il calore umano.
Un uomo solo, isolato nella natura.
Mi trasmise un po' del suo senso di eternità.
Ripartii.
Arrivo in Toscana.
La natura ridente, tutto è un incanto.
E meravigliosi sono gli edifici lungo la strada.
Mi dicono che tutti risentono delle influenze e dell'opera dei mastri muratori di vari paesi.
Si chiede loro di interrompere il viaggio e di contribuire alle costruzioni che dunque sono
influenzate da diversi stili.
Qui la Chiesa di S. Maria a Chianni, citata anche in una Chanson de Geste.
E' romanica, ma ha influenze volterrane, lucchesi e borgognone.
Ma ho anche bisogno di tutto.
Devo lavorare.
Incontro un altro pellegrino che mi pareva avesse bisogno come me.
E' Eneus, è un montanaro di Aosta.
ENEUS:
Questo Arno è un tipo che mi pare non sappia cavarsela bene.
Ha bisogno che gli si dica cosa deve fare per risolvere i suoi guai.
Io faccio di mestiere il pellegrino, e dico che, se uno non se la sa cavare, deve restare a casa.
A fare la professione di pellegrino bisogna sapersela cavare.
Non si guadagna molto, ma è una vita interessante.
Quando torno a casa non resisto a lungo.
Mi dicono che ho la malattia del viaggio.
Ora sono qui perché una vecchia signora ad Aosta voleva avere le indulgenze di un pellegrinaggio
a Roma.
Mi ha ingaggiato, abbiamo concordato la somma che mi darà quando le consegnerò il Testimonium
ottenuto a Roma, cedendo così a lei le indulgenze guadagnate.
Qui a Gambassi aiuterò Arno.
Lo porterò in vetreria.
Lì hanno sempre bisogno di braccia.
Fanno bottiglie e bicchieri come hanno insegnato loro alcuni mastri vetrai di Murano, un'isola veneziana.
Erano pellegrini.
Si dice che siano passati di qua, hanno trovato la silice adatta per buoni vetri e dietro compenso hanno
messo su i forni e insegnato la tecnica.
I bicchieri sono i più adatti per il vino Chianti che deve "respirare" prima di essere gustato e cioè
un bicchiere a "bocca" larga.
Noi due ci mettiamo più di un mese a fare qualche soldo che ci permetta di andare avanti e poi ci rimettiamo
in cammino.
Siena è lontana solo 2 giornate, ma Arno è già nei guai con i piedi.
<Arno, vedo bene che hai i piedi piagati.
Ma tutti pellegrini hanno guai ai piedi.
Tu poi avevi scarpe non adatte alla montagna quando hai superato l'Appennino.
Hai dovuto cambiarle e con quelle nuove ti sei piagato.
Le scarpe buone si comprano a Sutri, lo dice anche il nome del paese.
Ma ci vuole tempo almeno una settimana per arrivarci.
Ma so che a Siena c'è l'ospedale più all'avanguardia del mondo>.
MARISA:
Siena: Santa Maria della Scala.
(Lettura di 2 articoli sullo Spedale e sul Pellegrinaio)
ENEUS:
Continuerò a camminare con Arno.
Vedo che da principiante ne ha bisogno.
Dopo tutto il cammino si fa per diventare migliori.
Un pellegrino non abbandona mai un altro.
Così, dopo 2 giorni lasciamo Siena, passiamo per Montalcino, la splendida Abbazia di
S. Antimo che risale ai tempi di Carlomagno e passiamo sotto Radicofani.
Gente dannata.
Ghino di Tacco ha lasciato loro una fortezza e loro ne approfittano per derubare i viandanti.
Sono famosi briganti: <ma... guarda!
Ci lasciano andare!
Anzi ci danno pane e formaggio e ci dicono di pregare per loro a S.Pietro.
Il cielo ci assiste!>
<Affrettiamoci!
Saremo presto ad Acquapendente.
Nel territorio della Chiesa per un po' saremo tranquilli.
Arno, vedrai che ad Acquapendente c'è una Magione dei Cavalieri Templari.
Ci assisteranno e difenderanno finchè saremo nel loro territorio.
Ma poi vedrai che c'è una copia del S. Sepolcro.
E' giunta qui miracolosamente e noi potremo avere indulgenze e tu vedrai perché sono
state fatte tante Crociate.
Non abbiamo Gerusalemme, ma almeno sapremo com'era il Sepolcro di Cristo.
Poi lì siamo al sicuro perché è il paese dove è vissuto S. Rocco, protettore dei
pellegrini e dei lebbrosi.
Nessuno va via da Acquapendente con una malattia.
Io sono molto devoto a S. Rocco...
E' meglio di qualsiasi medicina>.
ARNO:
<Eneus, queste zone sono fra le più belle che ho visto.
Pensa, a Bolsena ho visto la pietra dell'altare dove è sgorgato il sangue di Cristo.
Sono sicuro che le mie preghiere fatte lì sono ascoltate da Dio.
Fosse solo per questa esperienza, il mio cammino meritava.
Mai avrei pensato di vedere con i miei occhi mortali le gocce del sangue divino.
E' vero che a Montefiascone poi ci hanno quasi ubriacato con il loro vino, ma meritava.
Sì, è vero.
E' proprio Est! EST!! EST!!! per il vescovo De Fuck e per noi.
Però mi sono commosso quando nella Rocca dei Papi sopra la città sono salito sull'alta Torre
del Pellegrino.
Lì hanno messo una tabella con le parole di S. Francesco: "Laudato sii, mi Signore
cum tucte le tue creature et spetialmente messer lo frate sole..." >
Quella è stata la più bella vista che abbia mai avuto, e anche Eneus era visibilmente scosso..
Sotto di noi tutta la Tuscia circondata dalla corona dei monti Cimini, di quelli di Rieti
e dell'Amiata.
Il lago di Bolsena, splendido e, sotto il sole, direi splendente.
In lontananza il mare.
Sembrava di vedere tutto il creato.
Davvero S. Francesco ha fatto bene a ringraziare Dio di tante cose belle e lo ha fatto con il
bellissimo Cantico delle Creature.
<Ma Eneus, perché mi dici che il bello deve ancora venire?>
ENEUS:
<Arno!
La tua poesia mi commuove, ma io guardo alle cose pratiche.
Sono giorni che dormiamo in 4 per letto, e puzziamo tutti e due.
Ma tu, mi sembra, hai più pidocchi di me da quanto ti gratti!
Alle volte hai il collo nero!
Guarda!
E' il nostro momento.
Queste sono polle di acqua sulfurea.
Un buon bagno nell'acqua bollente e solforata eliminerà i pidocchi.
Potremo restare a mollo quanto vogliamo, tanto siamo in aperta campagna a Bagnaccio.
Poi arriveremo a Viterbo, città dei Papi.
Qui il popolo ha imposto che i papi venissero eletti in Conclave, perché prima era un affare
troppo complicato e lungo.
Ma a noi interessa anche come sono trattati i pellegrini a Viterbo.
Lì siamo importanti.
I viterbesi hanno distrutto la città di Sce Valentine in modo da costringerci ad
andare da loro.
Un intero quartiere è intitolato a S. Pellegrino e nella chiesa a lui dedicata ci
diranno cosa possiamo avere.
MARISA
(Lettura della iscrizione sulla lapide, presso la casa del Pellegrino di Viterbo).
ARNO:
I giorni passano.
Ieri l'abbiamo corsa bella con l'attacco di quei lupi sui monti Cimini.
Meno male che eravamo premuniti e avevamo il bastone con la punta di ferro e
camminavamo in compagnia.
Altrimenti non avrebbero trovato nulla di me da mettere nella Tomba a Roma.
Ora abbiamo superato Vetralla, una città protetta dai Re inglesi.
Qui si fermò l'arcivescovo inglese Sigeric nella chiesa di S. Maria di Forcassi,
uno dei più tipici monumenti della Via Francigena.
Poi vicino a Capranica ci sono dei resti grandiosi in aperta campagna dette le
Torri di Orlando e vicino a Sutri c'è la grotta d'Orlando ed il Palazzo di Carlomagno.
Qui i francesi si trovano a casa loro.
Ma guarda!
C'è una chiesetta lungo la via isolata nei campi.
Vedo che è intitolata a Sant'Eusebio.
Certo è un rifugio dei pellegrini, visto che alcune parti della Chiesa sono
antichissime, addirittura dell'epoca romana.
Qui voglio lasciare un segno del mio passaggio.
Il mio nome inciso vicino alla tomba del Santo gli manterrà il ricordo di me
e sarò protetto da lui dal Cielo..
<Ma... Enea, guarda!
Qui c'è un tipo di pellegrino che non abbiamo mai visto!
Non ha l'aria di avere sofferto e non è per niente stanco.
Ma pare simpatico e viene verso di noi. Ci vuol parlare>.
GIULIANO (rivolgendosi ai pellegrini):
<Bravi pellegrini!
Sono un ammiratore dei pellegrini e vengo quassù fino a Monterosi.
Sì, sono un romano.
Noi romani, e specialmente gli osti, non facciamo pellegrinaggi, ma andiamo incontro ai
pellegrini disinteressatamente.
Mio figlio ha un ostello a Roma e se voi gli direte che vi mando io vi farà uno
sconto favoloso.
Ma vi farà mangiare bene.
Voi sapete che poveracci come voi ai tempi nostri mangiano quello che cresce sotto terra,
radici, carote, ecc.
Ai signori è riservata la carne ed i frutti che crescono sopra terra.
Ma a voi l'oste che vi raccomando darà da mangiare come signori (se pagherete profumatamente!).
Ho fatto un grosso sacrificio a venire fino a qua per puro altruismo.
Noi romani abbiamo chiaro che il resto del mondo in realtà non esiste e reciterò
una poesia che verrà fatta fra qualche secolo ma che è valida sempre>.
(Giuliano legge un Sonetto del Belli).
ENEUS:
<Vieni!
Ormai siamo vicino a Roma!
Vedi?
Questo è Monte Maius, ma la gente lo chiama Monte Mario.
Per i pellegrini è il Monte della Gioia.
E' per quello che si prova quando da qui si vede per la prima volta la Basilica di S. Pietro.
E' la fine delle nostre fatiche, di tutte le pene e dei pericoli, ma pur belle.
Guarda anche tu!>
Piangono di gioia alla vista di Roma e della Basilica e ringraziano.
Non pensano che appena scesi troveranno gente che vuole approfittare di loro, troveranno
folle che non permetteranno di gioire della visita ai luoghi belli e renderanno difficile il
soggiorno in città.
Ma ora dobbiamo unirci al coro, perché qui bisogna fare il canto più antico dei pellegrini, un
canto che viene da mille anni in onore di Roma: O Roma Nobilis!
CORO:
Il Coro canta "O ROMA NOBILIS" !
ARNO:
Ecco.
Ora abbiamo il Testimonium che ci è stato dato davanti alla Tomba di S. Pietro.
Ora so perché sono partito!
"L'uomo che trova dolce la sua patria non è che un tenero principiante; colui per il quale ogni
terra è come la propria patria è un uomo forte; ma solo è perfetto colui per il quale tutto il mondo
non è che un paese straniero"
di Ugo di S. Vittore (1096 - 1141)
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