Trama:
Questo libro parla delle stesse vicende trattate da "Aria Sottile" di
Jon Krakauer (vedi recensione) sulla tragica salita allEverest del
10 maggio 1996, quando diverse spedizioni, tra cui molte di tipo
"commerciale" si ritrovarono alla base della grande montagna per
tentarne la salita alla cima.
Dopo lapprontamento dei vari campi di alta quota, quattro spedizioni,
tra le molte presenti nellarea, si avventurarono il 10 maggio
nellultimo assalto alla vetta.
Una tempesta improvvisa provocò la morte di 9 alpinisti, molti dei
quali erano nei due gruppi di testa dove si trovavano Jon Krakauer
(come "cliente" nel gruppo di Rob Hall, famosa guida neozelandese)
e Anatolij Bukrev (come guida nel gruppo di Scott Fischer, famosa
guida americana).
Questo libro di Anatolij Bukreev e del giornalista Weston DeWalt
vuole essere la risposta alle accuse più o meno velate di Krakauer
(pubblicate su Aria Sottile) nei confronti di Scott Fischer
(anchegli morto sull'Everest come laltro capo spedizione Rob Hall)
e dello stesso Bukreev.
Come dice la giornalista italiana Mirella Tenderini che ha curato
la Prefazione di questo libro, Bukreev prima di scrivere il suo libro
chiese di poter rispondere alle accuse di Krakauer sulla stessa
rivista "Outside" dove queste vicende erano state raccontate da Jon
Krakauer appena dopo la tragica spedizione, ma sembra che la direzione
della rivista avesse concesso a Bukreev solo uno spazio per 350
parole contro le 17.000 utilizzate da Krakauer.
Bukreev rifiutò e con laiuto di Weston DeWalt (uno scrittore
americano, regista di film documentari, specializzato in temi sui
diritti umani e i rapporti tra luomo e lambiente, con particolare
inclinazione per la ricerca e la denuncia di verità scomode) produsse
questo libro per poter spiegare la propria verità.
Il racconto si accentra molto sulla situazione drammatica ed eroica,
dove Bukreev, da solo, al buio e senza bombole ritornò sullEverest
dal Campo IV (sistemato appena sotto il Colle Sud) e successivamente
al Colle Sud (fin oltre gli 8350 m.) per portare aiuto al Capo
Scott Fischer e a molti componenti di altre spedizioni in pericolo di
vita al Colle Sud, in mezzo ad un frastuono che uno dei sopravvissuti
descrisse come: "cento treni che ti passano sopra la testa".
Il risultato degli sforzi di Bukreev venne descritto
dallalpinista-scrittore Galen Rowell come: "una delle più
incredibili azioni di soccorso nella storia dellalpinismo".
Appena pubblicato il suo libro, Anatolij Bukreev riprese la sua
attività alpinistica che era il suo mezzo di sostentamento, tornando
ad arrampicare sulle grandi montagne.
Anatolij Bukreev è morto in montagna, travolto da una valanga
sullAnnapurna il giorno di Natale del 1997.
Era nato a Korkino, negli Urali, trentanove anni prima.
Laureato in fisica e campione della squadra di alpinismo sportivo
dellUnione Sovietica aveva preso residenza ad Alma Ata, nel
Kazakistan.
Dopo la disgregazione dellUnione Sovietica viveva prevalentemente
negli Stati Uniti e lavorava come guida in Himalaya.
Aveva al suo attivo più di 100 scalate in Caucaso, Pamir e Tien Shan
e venti salite su cime di ottomila metri, quasi tutte compiute senza
ossigeno, molte da solo e in tempi record.
SullEverest era salito 4 volte.
Per lazione di salvataggio compiuta sullEverest nel 1996, gli
è stato conferito dallAmerican Alpine Club il "David Sowles Award".
Commento:
Per capire bene il contesto e la passionalità dello scritto di
Bukreev nella sua esposizione dei fatti, occorre aver prima letto
il libro di Jon Krakauer: Aria Sottile.
Dopo la lettura dello scritto di Krakauer, si capiscono meglio le
parole di Bukreev.
Esse mi sono sembrate più vere e convincenti di quelle di Krakauer,
per lo meno quando si riferiscono a fatti vissuti in prima persona
dai due alpinisti.
Soprattutto, la vicenda delleroico salvataggio di molti alpinisti
sfiniti, ormai allo stremo ed in fin di vita (alcuni purtroppo non
ce la fecero) viene raccontata da Bukreev con uninfinità di
particolari non conosciuti da Krakauer che, esausto dalla lunga e
perigliosa discesa dalla vetta dellEverest, se ne stava dentro al
sacco a pelo nella tenda del Campo IV.
Anche questo è un racconto appassionante che lascia un grande amaro
in bocca quando si leggono le vicende di quei poveri alpinisti del
Colle Sud che non sono riusciti a seguire Bukreev verso la salvezza,
oppure quando si leggono le parole che raccontano la fine di
Scott Fischer, capo della sua spedizione.
E un groppo alla gola mi ha preso nel sapere che a Natale del 1997,
dopo pochi mesi da questa sua appassionata difesa del proprio onore e
della propria verità, Bukreev moriva travolto da una valanga
sullAnnapurna.
Aveva 39 anni e il suo corpo non è stato mai più ritrovato.
Non so se era proprio questa la fine che lui avrebbe desiderato.
Consiglio la lettura anche di questo libro suggerendo, come già detto,
di farla precedere da quella di "Aria Sottile" di Krakauer..."
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