Ritornato il 9/3 dal trekking sci-escursionistico nella
Lapponia finlandese , condotto in una settimana di tempo sereno eccezionale anche se con temperature che variavano da -25° a -34°, il 15/3 sono DdG(*) per una salita su neve alla 2° cima del Parco Naz. dAbruzzo: il Monte Meta (mt.2242), che si innalza sulla costiera che fa da confine tra Lazio ed Abruzzo.
Banale camminata in estate e autunno su pendii scoscesi e brulli, ma che diventa una interessante escursione nel periodo invernale, comunque in presenza di neve, per lavvicinamento a volte faticoso dovuto alla neve soffiata, a volte impegnativo sui pendii ghiacciati e in presenza di cornici sulla cresta finale.
Era il terzo anno che mettevamo nel calendario gite questa escursione, poichè per ben due volte le condizioni climatiche e di innevamento ci avevano impedito la salita alla cima e ci avevano bloccato al Passo dei Monaci a quota 1967 mt.
Questa volta partiamo da Roma in 24 persone, sicuri di salire con estrema facilità, perchè le notizie avute telefonicamente dai carabinieri locali (strade pulite e poca neve in quota) e quelle meteo (week-end con situazione meteo che volge verso il sereno) ci avevano rassicurato.
Arrivati al parcheggio finale di Prato di Mezzo (mt.1403) il tempo è già cambiato, e fuori dai finestrini si vede la neve mossa da un vento potente.
Dopo un pari o dispari per chi esce per primo dallauto, siamo all’aperto sotto un turbinìo di neve e con un forte vento che abbassa drasticamente la temperatura. Con un po di disappunto vediamo la pianura sotto di noi pacificamente illuminata dal sole... Due persone rinunciano subito e ci aspetteranno rintanate nellunico bar della zona che ha appena aperto.
Mi sembra di notare un certo sogghigno sul volto del gestore, come per dire: <Mo... vaspetto tutti qua... a consummà... ma dove volete annà... co sto tempo!>.
Partiamo in 22, dopo una breve cerimonia per la consegna di 6 tessere ad altrettanti nuovi Soci e un breve saluto a diversi non Soci che si sono coraggiosamente aggregati.
Salendo nel bosco la neve aumenta di altezza.
Fuori dal bosco, siamo a 30-40 cm. di nuova coltre nevosa su quella vecchia (sapremo poi che oltre alla nevicata di lunedì, si era aggiunta quella di venerdì). Saliamo in terreno aperto, prima lungo una valle poi su pendii ripidi a mezza costa, e il vento aumenta ancora di intensità e solleva molta neve: siamo costretti a calzare i ramponi e a usare le piccozze.
Molti, che non hanno lattrezzatura completa o adeguata e che pensavano di poter raggiungere comunque il Passo, devono rinunciare a questo punto: procedere oltre diventerebbe troppo pericoloso.
Rimaniamo così in 14, siamo ad un terzo del percorso, e stendiamo una corda, assicurata alla imbracatura di due «forti», alla quale vengono legati un paio di «giovani» per aiutarli ad attraversare una zona ghiacciata e ripida.
Arriviamo così al Passo dei Monaci, sotto un vento imponente che proviene dal versante abruzzese e che ci spinge indietro con forza (abbiamo valutato che la sua velocità non fosse inferiore agli 80-90 km/h). Decidiamo di non fermarci a mangiare qualcosa, poichè in uno squarcio di sereno, vediamo la cima e capiamo che possiamo salire lungo uno scivolo del versante SW e non per la cresta normale, troppo battuta dal vento e piena di cornici pericolose.
Con grande difficoltà transitiamo oltre la depressione del Passo e raggiungiamo la parete SW del monte (cioè quella che guarda verso il versante laziale); qui finalmente il vento riduce drasticamente potenza e rumore.
Iniziamo la salita finale con la gente che borbotta per la fame: due persone si fermano per problemi di crampi e ci aspettano sotto un roccione.
Sotto nuvole minacciose raggiungiamo la vetta in 12, alle 13 e 30 dopo circa 3 ore e 30 di marcia e 800 metri di dislivello.
Una toccata al traliccio di vetta, una foto e giù di nuovo lungo la linea di massima pendenza del monte, mentre scende una densa nebbia e inizia a nevicare molto fitto.
Corriamo giù velocemente, cercando di non perdere le tracce di prima e di raggiungere i due compagni in attesa al roccione.
Vengono tirati fuori i fischietti e si comincia a zufolare... tanto non si vede più niente oltre i due metri di distanza.
Raggiungiamo gli amici infreddoliti, ci raggruppiamo e decidiamo una discesa più diretta in una valletta riparata. Superiamo di nuovo i pendii ripidi e raggiungiamo il bosco.
Tolti i ramponi e riposte le piccozze nello zaino, inizia la gara a chi arriva prima al baretto: la vincita è un bel piatto fumante di fettuccine casarecce, da fare fuori prima dellarrivo di altri famelici... escursionisti...
Io, da bravo DdG, arrivo ultimo ed entro nel bar in una bolgia infernale tra un fumo misto di persone sudate e di fettuccine casarecce, maltagliati, pasta agli asparagi selvatici, pasta con fagioli, ecc...
E andata! Questa volta ce labbiamo fatta!
Parlando con i giovani, questi dicono che si sono pure divertiti!
Bah!... Per circa sei ore abbiamo camminato senza quasi mai fermarci e senza mangiare.
Io avevo una gran fame, ma sono stato zitto.
Mi sono rifatto con un bel piatto di fettuccine e qualche bicchiere di buon vino!
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