Ritorno al Mont Avic

(Una nuova escursione all’interno del Parco Naturale valdostano del Mont Avic, nella zona dei laghi)

di Enea Fiorentini



Il ritorno

Sono tornato al Mont Avic ancora una volta.
Forse per onorare una promessa fatta a questo territorio selvaggio oppure a me stesso?
Non lo so. Il Mont Avic (3006 m),
visto dal fondo della valle
del torrente Chalamy
(da Champdepraz, sul
lato est del Parco)
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 Ma quando torno in Valle d’Aosta, lo raggiungo sempre come fosse un rifugio sicuro, per cercare angoli solitari di natura intatta che mi regalino momenti di quella tranquillità antica, persa negli anni.
Forse sto diventando vecchio?
Bah! Forse si!
Ma non mi sento stanco.
Ho ancora voglia di muovermi, di camminare, di conoscere luoghi nuovi e mi sento ancora addosso la curiosità giovanile.
Però ora sento maggiormente la necessità di ritrovarmi in luoghi familiari, con poca gente, per riascoltare con calma i suoni e le melodie della natura alpina.
E’ forse un indizio di qualcosa di grave che mi sta capitando?
Spero proprio di no!

Intanto, eccomi di nuovo pronto per una nuova escursione al suo interno.

Questa volta voglio visitare la zona dei laghi, nel settore sud-ovest del parco.

Questa è una delle aree valdostane più importanti per il numero e la dimensione dei laghi naturali, cioè non artificiali e senza sbarramenti più o meno imponenti.
Desidero arrivarci dal lato sud del parco, quello che confina con la Valle di Champorcher.
Infatti, per fare un’escursione nella zona dei grandi laghi del parco, questo itinerario è quello più breve ed agevole e, per questa ragione, è anche uno dei più frequentati.
Perlomeno fino al rifugio Barbustel a 2169 m circa, un recente rifugio che è sorto nei pressi del Lac Blanc, accanto ad alcune baite.

So che molti di voi hanno già visitato il Parco Naturale Mont Avic, alcuni anche grazie al mio precedente racconto: "Escursione ed arrampicata al Mont Avic", apparso su alcune riviste cartacee e su pagine di "racconti online" su Internet (chi lo desidera può trovare il testo in questa raccolta di Racconti); altri lo avranno conosciuto per la crescente fama che il Parco ha raggiunto e per le numerose pubblicazioni che lo descrivono, molte delle quali a cura dello stesso direttore Dott. Massimo Bocca.

Sono però sicuro che non tutti conoscono il percorso che ho seguìto questa volta.
Anche perchè esso è lungo, in parte fuori sentiero, difficile da individuare.
E’ un’escursione di grande soddisfazione, idonea per chi ha gambe, fiato e curiosità per i luoghi solitari della montagna.

Vi voglio raccontare questa esperienza augurandomi che vogliate provarla anche voi, con la stessa cautela che ho avuto io, per non molestare gli animali e senza sradicare i rari fiori alpini.
Questa bellezza naturale deve essere conservata per coloro che verranno dopo di noi!.


L’escursione "prevista"

Nell’affrontare questa escursione, mi trovo nuovamente solo.
Molti sconsigliano di effettuare escursioni in solitaria, ma a me piace farlo di tanto in tanto!
Camminando in questi luoghi non si è mai soli ma si è invece circondati da una natura ricca di vita.
Non ho problemi, conosco bene la zona e so che ci sono sempre altri escursionisti in cammino sui sentieri.
Ho studiato la cartina prima della partenza e ho scelto come meta il Col Medzove (m 2614), situato nella parte sud occidentale del parco: un alto valico che si apre sul vallone di Savoney il quale, più in basso, confluisce nel lungo vallone di Clavalité.
Quest’ultimo conduce a Fénis nella valle centrale della Dora Baltea a circa 14 km da Aosta ed è un itinerario eccezionale che riserverò per una prossima escursione-traversata.
Raggiungere il colle rappresenta già un’ottima escursione che permette di camminare ai bordi dei più importanti laghi del parco.
Un’escursione della durata di circa quattro ore fino al colle e di tre ore per il ritorno lungo lo stesso itinerario, non contando il tempo per una buona sosta al rifugio Barbustel.
Essendo da solo e dovendo recuperare l’auto, non mi propongo di effettuare grandi traversate o lunghi percorsi ad anello.


Cartina del Parco Naturale del Mont Avic,
con la zona interessata all’escursione,
ricavata da quella della Guida:
<Il Parco Naturale del Mont Avic
- Collana Verdi Sentieri -
Kosmos Edizioni, Torino - 1995>
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Cartina rielaborata e ricavata da quella della Guida:
(Il Parco Naturale del Mont Avic - Collana Verdi Sentieri - Kosmos Edizioni, Torino - 1995)

L’escursione "effettuata"

Parto da Aosta di buon mattino e seguo il tracciato della statale SS 26 verso la Bassa Valle.
E’ una bella giornata di fine agosto e, in queste ore, c’è uno scarso traffico stradale.
Ho preferito la statale all’autostrada per godere il breve viaggio in auto, attraversando i piccoli paesi della valle centrale fino ad arrivare a poca distanza da Hône, a circa 46 km da Aosta dove, quasi di fronte al picco roccioso su cui s’innalza il Forte di Bard, c’è il ponte sulla Dora Baltea che permette l’accesso al paese di Hône e poi alla Valle di Champorcher.
Lascio la statale e svolto a destra, attraverso il ponte sulla Dora ed entro nell’abitato di Hône.
Non vedo persone in giro.
Procedo in direzione ovest verso la grande spaccatura che annuncia l’inizio della valle di Champorcher.   La strada regionale incomincia a salire a tornanti e si addentra nella valle molto stretta ed impervia nel cui fondo scorre il torrente Ayasse.
Guadagno quota e, poco a poco, la pianura della valle centrale lascia il posto alle gole e ai boschi di pino e di larice di questa bella valle laterale.
Poi la strada oltrepassa il comune di Pont Bozet, proprio dove la valle compie un’ampia curva verso destra (nord-ovest) e si allarga un po’.   Raggiungo e supero il villaggio di Mellier e poco dopo arrivo a Château (m 1427) che è la frazione capoluogo di Champorcher.
Fin qui ho percorso 14 km dal bivio della valle centrale nei pressi di Hône e mi trovo a circa 60 km da Aosta.
Qui la valle si fa più ampia e pianeggiante e da questa frazione si dipartono strade e sentieri verso altre frazioni note per il soggiorno estivo ed invernale.
Seguo la carrozzabile che si dirige verso la località di Dondena, che sale sulla destra del centro di Château e che termina nei pressi del lago Miserin alla testata della valle di Champorcher.
Supero piccole frazioni e villaggi: Arbussey, Grand Mont Blanc, Petit Mont Blanc e fermo l’auto qualche centinaio di metri oltre la fine della strada asfaltata, dove questa diventa una carrareccia con il fondo accidentato.
Sono nei pressi della frazione La Cort a circa 1800 metri di quota.
In un piccolo spiazzo sul lato sinistro della strada ci sono già molte auto parcheggiate e io riesco a trovare uno spazio libero per la mia auto poco oltre, a poca distanza dal grande cartello segnaletico del parco.

Qui inizia il sentiero n.5 che, con direzione Nord, conduce al Col du Lac Blanc situato sui confini meridionali del parco.
Mi preparo velocemente e incomincio a camminare sull’evidente sentiero che inizia proprio sul bordo della carrareccia a poca distanza dal parcheggio delle auto.
Do uno sguardo all’orologio: sono le ore 9,10.

La segnaletica all’inizio del sentiero
n 5 che conduce al Col du Lac Blanc
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La segnaletica all’inizio del sentiero n.5 per il Col du Lac Blanc

Il sentiero col fondo roccioso inizia subito a salire rapidamente ai bordi di un piccolo ruscello che scende dai piani superiori.   I cartelli del parco e i segnali rossi dipinti sulle rocce non consentono di sbagliare percorso.
Attraverso un rado bosco di larici inframmezzati da alcuni pini uncinati, raggiungo alcune piccole baite.   Poi, tenendomi sempre vicino al ruscello, entro in un valloncello chiamato Grand Cort.
Poco più avanti il ruscello forma una cascatella cadendo da un dirupo; il sentiero svolta a sinistra e risale un costolone erboso che supera il dirupo e che mi riporta ancora vicino al ruscello.
Ancora più avanti, trascuro la diramazione che penetra a sinistra verso la conca del lago Vernouille e seguo il sentiero principale in salita.

Cammino su questo avendo il piccolo corso d’acqua alla mia destra ed infine raggiungo il lago Muffé (m 2080), che lo alimenta.   Questo è il primo lago che incontro nella giornata.
Esso non fa ancora parte del Parco Naturale ma la sua posizione in una vasta conca circondata dalle cime più vicine del parco: Cima Perche (m 2396), Cima Piana (m 2512), La Torretta (m 2539) e Tête des Hommes (m 2614), invoglia ad una lunga sosta.

Il lago Muffé lungo il sentiero
per il Col du Lac Blanc
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Lago Muffé lungo il sentiero per il Col du Lac Blanc

Vedo, infatti, i primi gruppi di turisti aggirarsi attorno al lago e alcune famigliole che si preparano a fare il pic-nic lungo i suoi bordi: per loro l’escursione finisce qui, i bambini giocano rincorrendosi attorno al lago in mezzo alle mucche al pascolo.
Sono passati solo 50 minuti dall’inizio della mia escursione e non voglio fermarmi qui.
Scatto qualche foto e proseguo il cammino lasciando il lago alla mia destra.
Supero qualche baita al centro della zona prativa attorno al lago e seguo il sentiero che diventa più ripido e che punta direttamente al valico, ora ben visibile di fronte a me.

Percorro qualche tornante e finalmente raggiungo il Col du Lac Blanc (m 2309).   Sul colle corrono i confini del Parco che sono ben segnalati con ometti e cartelli vari.
Faccio una breve sosta per scattare alcune foto alle cime circostanti e per ammirare il vasto panorama della parte centrale della valle di Champorcher verso sud e di una gran parte del Parco verso nord.

Panorama verso la Rosa dei Banchi e
le altre cime della valle di Champorcher
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La Rosa dei Banchi e altre cime della valle di Champorcher

Oltrepassato il colle, entro nel Parco Naturale del Mont Avic e il sentiero scende rapidamente verso i boschi e i laghi, traversando suggestivi affioramenti rocciosi di ofioliti (serpentiniti di colore verdastro) e di altre rocce metamorfiche con lenti di talco e di pietra ollare, tutti ricoperti da licheni multicolori.
Supero alcuni dossi e finalmente riesco a vedere dall’alto i primi laghi: Lac Vallet (m 2170), Lac Blanc (m 2132), Lac Noir (m 2150) e la zona del rifugio.
In una ventina di minuti dal colle, raggiungo alcune baite e quindi il rifugio Barbustel (m 2169), situato in un bel pianoro, con un’ampia vista sui monti circostanti e a poca distanza dal Lac Blanc.   Sono le ore 11 e 20 minuti circa e ci sono molti turisti ed escursionisti nei paraggi.

Molti indossano costumi e stanno prendendo il sole distesi sui prati o allungati sulle sedie a sdraio.
Mi trovo su un bellissimo ripiano, in una delle più spettacolari aree del parco, con un’ampia vista sui laghi in parte nascosti da ondulazioni rocciose popolate da radi larici e, verso nord-est tra la grande apertura all’orizzonte, sul Monte Rosa e sul Cervino.   Faccio anch’io una piccola sosta al rifugio.

Il rifugio Barbustel nei pressi del Lac
Blanc; sullo sfondo il Mont Revi
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Rif. Barbustel nei pressi del Lac Blanc. Sullo sfondo il M. Revi

Ho fame: mangio un panino e bevo un bicchiere di vino sulla veranda del rifugio, godendomi un po’ di sole.   Poi, indosso nuovamente lo zaino, prendo i bastoncini e, salutati i gestori del rifugio, proseguo la mia escursione avvicinandomi al Lac Blanc.

Il Lac Blanc appena sotto il rifugio Barbustel
Sullo sfondo, il Mont Avic e il Mont Revi
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Lac Blanc appena sotto il rif. Barbustel.
Sullo sfondo, il M.Avic e il M.Revi

Questo bel lago si trova in un’ampia conca rocciosa ed è collegato da un breve immissario al Lac Noir, situato ad una quota leggermente superiore.
Su un ponte in legno, supero questo piccolo corso d’acqua che proviene dal Lac Noir e seguo il sentiero che piega a sinistra, seguendo la sua sponda settentrionale.   Appena di là del ponte, mi fermo davanti ad alcuni cartelli del Parco che spiegano le varietà dei licheni che ricoprono le rocce in queste zone.

Non mi ero reso conto di quanto fossero numerosi i licheni qui attorno e di quante forme e colori fossero dotati: crostosi bruno-rossastri, oppure giallo-crema chiaro, a macchie irregolari di colore giallo uovo, o con forme a foglia di colore verde-grigiastro, fino a forme terricole di colore bianco ed altre infine di colore rosso o giallo paglierino.

Il Lac Noir
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Lac Noir

Ovunque qua attorno, guardando sulle rocce e sul terreno con maggiore attenzione, scorgo queste macchie variopinte dei licheni che danno un tocco di colore in più, aggiungendosi al verde smeraldino delle acque del lago e al verde intenso e a tratti scuro delle conifere.   Proseguo sul sentiero che da qui in poi assume la numerazione 5C e mi lascio alle spalle il Lac Noir prendendo lentamente quota.

Transito più in alto rispetto al bordo del lago successivo, il Lac Cornu (m 2170) e lo ammiro dall’alto camminando sul sentiero che transita sul suo versante settentrionale, sulla sinistra orografica degli immissari/emissari.

Il Lac Cornu
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Lac Cornu

Sono di nuovo in mezzo al bosco fitto e il sentiero lo supera con diversi tornanti.
Mi sto addentrando nel territorio delle marmotte, delle lepri, dei galli forcelli, delle pernici e delle aquile reali.
Supero un piccolo torrente, con una piccola cascata, uno dei corsi d’acqua che alimentano il Lac Cornu e raggiungo una zona di pascoli dove sorgono i casolari dell’alpeggio Pésonet a circa 2300 m di quota.

Qui inizia uno dei tratti più impegnativi del sentiero.
Lascio la zona a pascolo e piego decisamente a sinistra (sud) in direzione delle rocce lisce, formate da serpentiniti notevolmente levigate dall’azione glaciale, che si trovano alla sinistra della base della gran cascata formata dall’emissario del Gran Lac.

Questa spettacolare cascata supera, con un grande effetto scenico, il verticale gradino roccioso alto circa 200 metri che divide in due parti la valle dei laghi.   Il fragore dell’acqua che cade mi guida verso la giusta direzione.   Risalgo numerosi tornanti e il sentiero, divenuto completamente roccioso, è sostenuto a valle da muretti di rocce accatastate.

La cascata formata
dall’emissario del Gran Lac
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Cascata formata da emissario del Gran Lac
Vista su Lac Noir, Lac Cornu e sui
volontari al lavoro sul sentiero
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Lac Noir, Lac Cornu e volontari al lavoro

Esso ha il fondo formato da gradini regolari costruiti alla perfezione con lunghe pietre locali.
Mentre salgo questa scalinata, vedo alcuni volontari che stanno sistemando un tratto di sentiero franato, disponendo appunto una serie di grandi rocce trasversalmente per formare nuovi gradini.   Scambio due chiacchiere con loro, poi li lascio continuare il loro pregevole lavoro.   Dopo la risalita del bastione roccioso, giungo alla sommità della cascata, proprio sul bordo dove l’acqua si getta a valle con un bel salto.

Il Gran Lac
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Gran Lac e il Col Medzove sullo sfondo, leggermente a sinistra

Il sentiero ritorna in piano ed entra in un’ampia valle quasi interamente occupata dal Gran Lac (m 2492).
Me lo trovo davanti quasi all’improvviso: è enorme in proporzione agli altri bacini, ha una superficie di circa 23 ettari e le sue acque presentano un colore verde chiaro.
E’ contornato dalle montagne più alte del parco: la Gran Rossa (m 2866) e il Mont Glacier (m 3186) sul versante meridionale; il Mont Belplà (m 2829) e il Monte Orso (m 2717) sul lato settentrionale.

Verdi pendii e praterie colme di fiori convergono verso quest’enorme bacino, che è il lago naturale più vasto della regione valdostana.   Tutte le acque dei vari ruscelli e torrenti della zona e quelle che escono dai tanti laghetti che sono situati in conche più elevate, si gettano nel lago e lo alimentano.

Il Gran Lac e il Mont Glacier
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Gran Lac e il Mont Glacier

All’inizio della grande area sul versante settentrionale del lago, conosciuta come Gran Betassa, incontro alcune persone che prendono il sole nei pressi del rifugio della Forestale.
Questa zona è di una bellezza selvaggia.
Le rocce montonate circostanti, che emergono dalle praterie ricche di flora d’alta montagna, presentano una gran varietà di mineralizzazioni e non è raro trovare bei cristalli perfettamente formati.

Sulla stessa piattaforma su cui è situato il Gran Lac, si trovano numerosi laghi minori e molte zone umide (le torbiere) che hanno occupato le conche d’esarazione glaciale.
Sono le ore 13 circa.

Mi fermo un attimo per scattare alcune foto al lago e ai monti circostanti.   Dopo poco più di 10 minuti di sosta, riprendo il cammino, supero l’edificio in pietra della Forestale e piego verso sinistra (ovest) seguendo tracce di sentiero.   Supero vari ripiani rocciosi che raccolgono le acque di piccoli laghi e raggiungo, in una mezzora di cammino, il bordo del Lac de la Leità (m 2538) dalle dimensioni più grandi tra i laghetti di questa zona.

Il Lac de la Leità
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Lac de la Leità

La colorazione delle acque di questi laghi varia dal verde chiaro, all’azzurro, al grigio fino al verde scuro e dipende dalla colorazione delle rocce del fondo e di quelle che li racchiudono oltre che dalla luminosità del cielo.

Continuo ancora a salire e supero una serie di laghi.
Sono i Lacs du Col Medzove che hanno un’altitudine tra i 2564 m e i 2570 m.
Un’interminabile sequenza d’acqua e di roccia mi ha accompagnato fin qui: ho contato ben 11 laghi di varie dimensioni e moltissimi corsi d’acqua.
Con un ulteriore piccolo sforzo, seguo tracce di sentiero in salita e raggiungo la grande sella del Col Medzove a 2614 m di quota.

I Lacs du Col Medzove e, sullo
sfondo, il Colle Gran Rossa
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I Lacs du Col Medzove. Sullo sfondo il Colle Gran Rossa

Sono le ore 14 circa e arrivo alla meta prefissata dopo circa cinque ore, di cui quattro di cammino effettivo e una per soste varie.

Sono completamente solo e mi siedo sull’erba del colle per consumare una veloce colazione al sacco.
Mi trovo proprio sul limite occidentale del parco nella sua parte meridionale.
Alle mie spalle c’è tutta la sequenza dei laghi disposti sui vari ripiani appena saliti.
Sull’opposto versante del colle si apre il vallone di Savoney, sul quale incombono le moli rocciose del Mont Rafray e del Mont Glacier con la sua parete nord.
Seguendo il filo delle creste tra i due monti, riconosco la stretta sella del Col d’Eyelè (m 2803) che li separa.   Raggiungere quel colle potrebbe permettere di salire in vetta al Mont Glacier lungo la sua cresta ovest -molto affilata-, raggiungendo cosė la cima più alta del parco, ma anche questo obiettivo sarà riservato per un’altra occasione.

Col Medzove e
relativa segnaletica
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Cartello segnaletico sul Col Medzove

D’altronde sono già salito in cima al Mont Glacier seguendo l’itinerario normale che parte da Dondena, la frazione dell’alta valle di Champorcher, famosa come importante punto di partenza per escursioni ed arrampicate sui monti della testata della valle: Rosa dei Banchi, Mont Glacier, La Tersiva, ecc.
Sono tutto preso dalla visione del panorama circostante quando un escursionista solitario raggiunge il valico.

Il colle Eyelè
e il Mont Rafray
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Colle Eyelè e Mont Rafray

Anche lui fa sosta qui per uno spuntino.
Ci presentiamo.   Lui si chiama Sergio e proviene da Torino.
Ha fatto lo stesso mio percorso e afferma che non ha voglia di rifare la stessa camminata a ritroso.
Anch’io sto meditando di cambiare il programma prestabilito.
Non mi va di perdere quota per tornare al rifugio Barbustel, per poi dover risalire at Col du Lac Blanc.

Non mi va, inoltre, di camminare di nuovo sugli stessi sentieri.
Vorrei salire in cima al Mont Glacier che ci sovrasta con gli altri 600 metri della sua parete nord e che lancia il suo crestone nord fino nei pressi del colle.
Ma la roccia di questo lato non è bella.   Enormi sfasciumi ricoprono ovunque le rocce di questo versante della montagna e ci sono troppi massi instabili.
Cerco di valutare l’impegno e il tempo necessari per attraversare la testata del vallone di Savoney, per raggiungere il Col d’Eyelè e quindi l’inizio della cresta ovest del Mont Glacier e per risalire questa cresta fino in cima.   Stimo che sarebbero necessarie altre 2-3 ore per raggiungere la vetta con questo percorso.   Poi occorrerebbe effettuare una lunga camminata nella valle di Champorcher per tornare alla zona di parcheggio delle auto.
Ma sono ormai le ore 14,30, è troppo tardi e purtroppo devo scartare anche questa interessante possibilità.
Discuto con Sergio sulle varie alternative.
Alla fine, decidiamo per un percorso nuovo per noi, fuori sentiero e che, guardando la cartina IGM, ci dovrebbe consentire di rientrare alla base di partenza con un percorso agevole, interessante, che transita ancora vicino a qualche lago.

Sergio verso il
Colle Gran Rossa
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Sergio si avvia verso il Colle Gran Rossa

Decidiamo di raggiungere il Colle Gran Rossa (m 2766) che divide la Gran Rossa (m 2866, ad est) dal Mont Glacier (m 3186, ad ovest), sulla gran bastionata che fa da confine meridionale del parco.
Siamo in due, e quindi diminuiscono i timori di affrontare, da soli, zone sconosciute in mezzo agli sfasciumi.
Soprattutto quelle che non conosciamo al di là del colle.

Alle ore 15 in punto, lasciamo il Col Medzove e i sentieri sicuri del parco.
Dal colle, c’innalziamo verso destra (sud-est) e ci dirigiamo verso la parete nord del Mont Glacier.   Con estrema cautela, c’inoltriamo nel mare di rocce frantumate che scendono da questa parete, cercando di guadagnare quota con lunghi traversi obliqui.

Il Gran Lac, sullo sfondo,
salendo al Colle Gran Rossa
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Vista sul Gran Lac, salendo al Colle Gran Rossa

A volte ci separiamo e cerchiamo percorsi personali, poi ci ritroviamo al di sopra di grandi ammassi mentre convergiamo verso un canalino verticale che ci sembra il miglior percorso per raggiungere il colle.
Transitiamo nei pressi di altri piccoli laghi ancora in parte ghiacciati e senza nome.
Sono conosciuti in zona col nome di Laghi del Mont Glacier.

Hanno un colore azzurro chiaro, dovuto al ghiaccio semisommerso e al gran riflesso del cielo.

Laghetto ghiacciato ai piedi
della parete nord del Mont Glacier
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Laghetto ghiacciato ai piedi della parete nord del Mont Glacier

Saltando da un sasso all’altro, raggiungiamo la base del canalino verticale.
Da vicino, ci accorgiamo che è uno scivolo formato da sfasciumi di rocce di piccole dimensioni, frantumate e sminuzzate.
Lo affrontiamo seguendo un percorso a zig-zag, puntando ad alcuni massi che sono incastrati a livelli successivi, non distanti dalla verticale del canalino.

Per noi sono isole importanti da raggiungere, mentre affrontiamo questo scivolo di sfasciumi in cui affondiamo con gli scarponi fino alle caviglie.

Al Colle Gran Rossa
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Al Colle Gran Rossa (m 2766)

Con grande fatica e sfruttando ogni appiglio stabile, raggiungiamo finalmente la piccola sella del Colle della Rossa e ci riposiamo un po’.   Abbiamo impiegato quasi un’ora per salire questo canalino con un dislivello di poco più di 150 metri dal Col Medzove, ma è stato veramente duro.   Siamo a 2766 metri di quota e finalmente la vista può spaziare anche nel versante della valle di Champorcher, mentre il panorama si fa più ampio alle nostre spalle, su buona parte del parco naturale.

Oltre la sella, lo sguardo scorre sui monti più importanti dell’alta valle di Champorcher che formano il confine tra la Valle d’Aosta con il Piemonte e il Canavese in particolare: Monte Nero (m 2737), Becco Mollère (m 2638), Bec Larissaz (m 2763), Becco Pragelas (m 2908), Cima Beccher (2945) fino alla cima più alta della Rosa dei Banchi (m 3164).
Nell’area del parco, in direzione nord, riusciamo a vedere bene il Mont Avic (m 3006) e il Mont Revi (m 2922) e, nell’ampio spazio aperto verso nord-est, le moli del Cervino e di tutte le maggiori vette del gruppo del Monte Rosa.

Stambecchi al sole
su un ripiano sotto
il Colle Gran Rossa
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Stambecchi al sole su un ripiano sotto il Colle Gran Rossa

Guardiamo al di là del valico per capire dove possiamo scendere e notiamo, su un ripiano erboso sottostante, un bel gruppo di stambecchi placidamente accovacciati in pieno sole, ad un centinaio di metri da noi.
Scegliamo uno scivolo meno verticale e iniziamo ad abbassarci nell’altro versante, abbandonando così il territorio appartenente al parco.
Cerchiamo di fare meno rumore possibile, ma scendiamo tra sfasciumi ed è impossibile non smuovere sassi.

Inoltre siamo in piena luce e siamo osservati attentamente da molti occhi e ascoltati da molte orecchie.   Riesco a malapena a scattare una foto al gruppo e poi ci accorgiamo che in cielo stanno volteggiando un paio di aquile.

Spigolo e versante est
del Mont Glacier
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Spigolo e versante est del Mont Glacier

Gli stambecchi si muovono lentamente dal loro ripiano, tagliano tutto il versante est della montagna poco sotto di noi, sparendo rapidamente alla nostra vista.
Continuiamo a perdere quota e puntiamo ad un crestone erboso che emerge tra i sassi a circa 2500 m di quota.
Lo raggiungiamo e finalmente usciamo dagli sfasciumi mettendo piede su un terreno solido anche se morbido.

Con un passo più spedito e sempre al di fuori di qualunque sentiero o traccia, scendiamo nel vallone puntando al ripiano erboso sottostante che forma un piccolo altopiano e che contiene un laghetto.

Lago Giaset
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Lago Giaset

Dopo un’ora di cammino dal colle, lo raggiungiamo e ci fermiamo ai bordi dello specchio d’acqua.
Sono le ore 17 circa e siamo arrivati al Lago Giaset a 2309 m di quota, un piccolo lago che ha colorazioni dal celeste al verde, al trasparente.
Alle spalle ci sono le bastionate meridionali della Gran Rossa e quelle orientali del Mont Glacier.

Il Colle Gran Rossa, da dove siamo scesi, ci appare ormai molto lontano.

Di fronte a noi il panorama sulle cime della valle di Champorcher si fa sempre più imponente.   Verso est, alla nostra sinistra, c’è una cresta con un’elevazione importante: il Bec Raty che sbarra la visuale e il cammino.   Ora ci sono due possibilità.   Possiamo scendere direttamente a valle, seguendo il percorso dell’emissario del lago raggiungendo la frazione di Dondena.   Oppure si può risalire la cresta del Bec Raty seguendo tracce di sentiero che la superano con direzione est.   Guardiamo ancora la cartina e decidiamo di fare ancora uno sforzo in salita.
Scegliamo la salita verso la cresta del Bec Raty.
Contorniamo il Lago Giaset e incominciamo a salire ripidamente su tracce di sentiero.   Con una mezzora di nuova salita tra dossi erbosi e rocciosi, meno faticosa della precedente sugli sfasciumi, raggiungiamo una piccola sella sulla cresta, nelle vicinanze del Bec Raty, proprio nei pressi di due tipiche torrette in pietra.

Lago Giaset e
Colle Gran Rossa
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Lago Giaset e Colle Gran Rossa

Siamo a circa 2400 m di quota.
Al di là della sella, sempre in direzione est, notiamo un’altra ampia valle su un nuovo altopiano, nel cui centro occhieggia un nuovo lago un po’ più ampio del Lago Giaset.

Lago Raty dal Colle
del Bec Raty
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Lago Raty dal Colle del Bec Raty

Scendiamo rapidamente su un buon sentiero che è presente su questo lato del valico e in una ventina di minuti raggiungiamo il bordo meridionale del Lago Raty a 2283 m di quota.
La sua acqua ha un colore verde scuro, dovuto all’ambiente e all’ora pomeridiana.
Questo è il 15° lago che abbiamo raggiunto in questa lunga escursione ed è il 3° al di fuori dei confini del parco.

E’ anche l’ultimo che incontreremo in questa entusiasmante giornata.
Ci fermiamo un attimo ai suoi bordi, nelle vicinanze del piccolo torrente, suo emissario, che si dirige precipitosamente verso il solco principale della valle di Champorcher.
All’inizio del torrente, notiamo numerosi massi che contengono molti segnali di sentieri che si diramano in varie direzioni.

Segnaletica per
l’alpeggio Sapy
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Segnaletica per l’alpeggio Sapy

Alle ore 18 circa, lasciamo questa bella balconata sormontata a sinistra dal Bec Barmasse (m 2296) e seguiamo il sentiero che scende, con molti tornanti, nel vallone scavato dal torrente del Lago Raty.
Perdiamo quota velocemente su un percorso tortuoso, rientriamo nel bosco di larici e la visuale si riduce di molto.
Superiamo alcune baite e raggiungiamo quelle dell’Alpe Sapy a 1979 m di quota.

Seguiamo ancora alcuni tornanti e finalmente, dopo alcuni minuti, siamo sulla strada sterrata di Dondena alla quota di 1940 metri.   Sono le ore 18,40.   Il piccolo corso d’acqua che ci ha accompagnato nella discesa, sottopassa la sterrata e prosegue la sua corsa fino a confluire nel torrente Ayasse nel fondo della valle principale.

Svoltiamo a sinistra e camminiamo sulla larga sterrata in leggera discesa.
Non sono state molte le parole scambiate con Sergio a parte quelle relative alla ricerca del percorso e quelle di ammirazione per le bellezze del paesaggio.
Ora, che la strada permette un passo più spedito e che si sono eliminati i timori sull’itinerario, ci scambiamo considerazioni più personali.

Panorama sulla parte
alta della Valle di Champorcher
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Panorama sulla parte alta della Valle di Champorcher

Scopriamo il comune amore per le camminate in solitaria e per la fotografia di ambienti naturali.
Sergio ha una lunga esperienza di montagna e ha una sensibilità particolare sulla protezione ambientale.   Sentimenti e sensibilità comuni che hanno favorito questa bella camminata fatta insieme in amicizia.
Sergio mi parla della sua famiglia che risiede a Torino e che lo attende a casa in serata.
Ci accorgiamo che il tempo passa velocemente e allora anche noi acceleriamo il passo.
Sono ormai le ore 19,20 quando raggiungiamo le nostre auto al parcheggio nei pressi del cartello del parco nelle vicinanze della frazione La Cort a 1800 m di quota.
Abbiamo chiuso qui la nostra lunga escursione ad anello, non prevista, dopo 10 ore di cui circa 8,30 di cammino effettivo.
Il dislivello totale è stato di 1200 metri in salita e altrettanto in discesa.

Ci cambiamo velocemente e torniamo alla guida delle rispettive auto, scendiamo i tornanti della strada che ci riporta alla frazione capoluogo di Château.

Ci fermiamo sulla piazza principale ed entriamo in un bar per bere una birra.
Come valdostano mi sento in dovere di offrire da bere a Sergio e brindiamo per un ritorno in queste zone.   Chissà se si avvererà?

"Alla tua salute, Sergio!  Speriamo di ritrovarci ancora qui!"  è il mio brindisi.
"Lo spero anch’io!"  risponde Sergio.
"Certamente ci ritornerò.  Qui ci sono ancora molti itinerari da scoprire..."
"Alla salute!".

Alle ore 20 circa ci salutiamo e riprendiamo la strada del ritorno.
Le nostre si dividono a Hône.
Un ultimo colpo di clacson e poi io svolto a sinistra in direzione di Aosta, mentre Sergio svolta a destra verso l’uscita dalla Valle d’Aosta e quindi verso Torino.

Non sono sicuro di rivedere Sergio, ma sono certo che anch’io tornerò ancora qui, in questa Valle e in questo Parco.
Non posso fare a meno della serenità che questi luoghi regalano a chi cerca una natura ancora intatta e itinerari nuovi da percorrere.
Arrivederci Parco!

 Enea Fiorentini
 < Ricordi di una lunga escursione ad anello nella zona dei laghi all’interno del Parco Naturale Mont Avic (Valle d’Aosta), effettuata il 21/8/2001 >.
 (Note scritte a Roma il 20/12/2003)


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Aggiornamento - 18/10/2007