Il racconto di una strana e avventurosa escursione, durata 2 giorni,
con sosta notturna alladdiaccio
di Enea Fiorentini
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La premessa
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Lidea era quella di tornare in uno di quei valloni laterali della Valle di Champorcher, così isolati e selvaggi, che si aprono verso sud-ovest, in direzione dello spartiacque con il Canavese e, in particolare, con la Valchiusella. Per me, assente da tanti anni dalla mia regione, ogni escursione un po particolare rappresenta sempre una scoperta. Conoscevo abbastanza bene la sinistra orografica della Valle di Champorcher, avendo percorso, ormai da molti anni, lAlta Via n.2 della Valle dAosta e avendo camminato nel Parco Naturale del Monte Avic in lungo e in largo, anche partendo ed arrivando nella Valle di Champorcher. |
con le loro croci bianche |
Molte salite ai monti circostanti mi avevano fatto conoscere la bellezza di questa valle. Ma il versante destro orografico della valle, tagliata in due dallimpetuoso torrente Ayasse, mi era pressoché sconosciuto. Non ho mai frequentato, fino a date recenti, questo versante e i suoi valloni, forse perché ritenuto meno famoso oppure perché più impervio e con maggiori dislivelli da superare anche solo per raggiungere la zona interessata alla "vera" escursione. |
E non mi rendevo conto a quante bellezze naturali non mi ero ancora
avvicinato.
Per il faticoso avvicinamento, avevamo quindi rinunciato ad iniziare lescursione con la salita
alla frazione Crest dal fondovalle.
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Domenica 28-5-2006: |
Dalla mia lunga esperienza ormai so bene che, senza di loro, non riuscirei a fare molta strada, specie sui percorsi dirupati, e allora ho sempre con me una grande scorta di questi cerotti speciali. Finisco di fare colazione e di vestirmi, poi controllo il vestiario di scorta: un paio di canottiere e una maglietta di ricambio, il pile, un berretto "passamontagna", una giacca a vento, un paio di calzettoni di ricambio, proprio per prudenza nel caso dovesse fare freddo o piovere. In caso di pioggia la mia dotazione prevede, oltre la giacca a vento, un piccolo ombrello e la copertura impermeabile per lo zaino. |
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I bastoncini telescopici, gli occhiali da sole, il coltello, una luce frontale,
la macchina fotografica digitale e un piccolo bicchiere formano i componenti dei miei accessori.
Una borraccia dacqua da mezzo litro, una mela e due arance rappresentano la mia consueta provvista di cibo per
una gita di questo tipo, effettuata in giornata in zone dove, tra laltro, non mancano fontanelle e sorgenti di acqua fresca.
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Lasciamo Aosta dirigendoci verso la parte bassa della valle centrale, percorriamo tutta la statale n. 26 fino a Hône, poi giriamo a destra e superiamo la Dora Baltea sul ponte nuovo con il Forte di Bard proprio di fronte. Attraversiamo tutto il paese e incominciamo a salire, superando numerosi tornanti e penetrando nella Valle di Champorcher. Dopo aver oltrepassato il bivio per Pontboset di circa 1 km, abbandoniamo la strada regionale e prendiamo, a sinistra, una carrozzabile che, attraversato lAyasse su un piccolo ponte, comincia ad inerpicarsi ripidamente lungo il fianco di un vallone secondario. |
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Superiamo numerosi tornanti e piccoli agglomerati di case, e fermiamo
lauto su un piazzale al termine della strada asfaltata, poco sotto le prime case della località di Fournier,
quelle della frazione Devine.
Siamo a circa 1150 m di quota.
Indossiamo gli scarponi e i pantaloni corti, decidiamo di portare con noi i pantaloni lunghi ma, vista la
giornata bella e calda, lasciamo in auto un po di bagaglio extra.
Io decido di fare a meno del pile, dellombrello e di una maglietta, e anche Mario abbandona un po
di materiale superfluo.
Nascondiamo in un prato vicino, allombra sotto un albero, una lattina di birra.
Ci farà comodo alla fine dellescursione.
Tiriamo fuori i bastoncini telescopici, li regoliamo e, sistemato lo zaino sulle spalle, iniziamo lescursione.
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I villaggi di Fournier e il Vallone La Manda
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Questo vallone attraversato dal torrente La Manda, che gli dà il nome, è
caratterizzato da alcuni elementi peculiari.
Levidente opera delluomo per trasformare il territorio e per renderlo più ospitale è segnalata
dagli innumerevoli terrazzamenti, privi di alberi, che si sono spinti fino alle più alte quote e che hanno sfruttato tutti
gli spazi utili: anche le fontane dei villaggi, riparate da volte ad arco, hanno la parte sovrastante ricoperta da terra e ciò
ricorda quanto ardua fu la lotta per ricavare un po di terra coltivabile vicino alle case e quanto critico fosse il rapporto
tra le zone coltivate e gli spazi da riservare alle abitazioni.
Questo è il versante più soleggiato della valle e quindi quello più antropizzato.
Oggi, quasi tutti i terrazzamenti sono abbandonati e ridotti a pascolo, ma ancora segnano il versante a testimonianza
del lavoro e della vita della popolazione di queste valli.
Laltro elemento tipico è rappresentato dal notevole numero dei villaggi, con case risalenti alla metà
del 1800, che si susseguono nel vallone.
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tramite gradini in pietra infissi tra i muretti a secco |
sociali diverse: grandi rascards in legno e pietra si affiancano ad altre piccole abitazioni in sola muratura. Molte case presentano delle croci bianche dipinte sulle porte, mentre altre hanno grandi croci bianche dipinte direttamente sui muri e che sono ben visibili a distanza. |
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Tutte hanno visto una coabitazione di numerose famiglie che si sono avvicendate, una generazione dopo laltra, in questi spazi ristretti; gente costretta in un duro lavoro per una produzione basata sullautosufficienza e sullautoconsumo. In questa lunga valle non mancavano le strutture di vita comunitaria: il forno del 1899, la cappella del 1876, posta sul colmo di un piccolo promontorio (ampliata e sistemata più volte) e la scuola del 1888 con ingressi separati per ragazzi e ragazze. Con calma, percorriamo i villaggi di Fournier: Devine, Borettes, Boillas, Cotetta, Barmafumo e Verney, notando le similitudini e le differenze nelle varie costruzioni. A Barmafumo ci fermiamo un attimo per farci due risate davanti al recente cartello "barometro a corda" che riporta in maniera comica le modalità di riconoscere il tempo meteo sulla base di una corda appesa ad un gancio. La foto a corredo, qui a lato, illustra bene questo barometro "speciale". Oltre i villaggi di Fournier, il sentiero si dirige verso le malghe di Boset e, pian piano, prende quota. |
Oggi, dopo Devine, non troviamo persone o bestie in giro, forse è ancora un po presto per salire agli alpeggi dellalta valle. Solo attorno a Boset, vediamo piccoli gruppi di capre allo stato semi-brado. Proseguendo lungo il sentiero ancora un po più avanti nella valle e un po più in alto, ci accorgiamo che un camoscio ci sta scrutando dallo spartiacque alla nostra destra. E solo un attimo, scatto una foto più che improbabile, e lanimale scompare dalla nostra vista. La salita prosegue, senza ulteriori incontri, sino alla testata del vallone, fino alla quota di circa 1550 m. |
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a Boillas |
della scuola di Boillas del 1888 |
dipinto sui gradini della scuola |
del vallone di La Manda |
su sentieri a gradinate |
baite dirute |
sarà uno dei pochi incontri con animali in questa escursione |
Il giro dei laghi
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Con un percorso semicircolare che aggira le pendici del Bec Chaty (1903 m), entriamo nel piccolo vallone che si apre tra lo stesso Bec Chaty e il Grand Bec (2065 m). Lo risaliamo interamente, superiamo un piccolo dosso erboso ed entriamo finalmente nella conca che contiene ciò che resta del Lago Secco a 1725 m. Questo laghetto, ormai ridotto ad un piccolo specchio dacqua (con forma a fagiolo), è contornato da una ricca vegetazione e da abeti. Più in alto, su un piccolo ripiano oltre una pietraia, si notano le due baite dellalpeggio Betasson (1833 m). |
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Dal lago dovrebbe partire un sentiero che le raggiunge (o almeno una traccia) ma, dal bordo della conca lacustre dove ci troviamo, non scorgiamo nulla. Proseguiamo verso sud, sul bordo destro del lago, passiamo davanti ad una baita isolata senza nome e ricominciamo a salire. Ora il sentiero piega leggermente a sinistra e punta verso un risalto boscoso successivo. Nel sottobosco non ci sono più felci ma il terreno è ricoperto da rododendri mescolati a ginepri, entrambi non ancora fioriti. Con un ultimo strappo, raggiungiamo lampia conca che sostiene il Lago Nero a 1940 m. Il colore dellacqua è proprio nero e ciò è forse dovuto alla notevole profondità del lago e alla colorazione scura delle rocce del fondo. La parte nord del lago, rivolta verso il vallone da cui siamo saliti, è sbarrata da un bacino artificiale, così come una parte del lato ovest. Una bassa feritoia permette allacqua del lago di defluire verso valle e di alimentare lemissario, consentendo anche un certo ricambio. |
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Sopra il lago, verso sud, si innalzano le bancate rocciose del Monte della Corda (2364 m) e del Mont Blanchet (2561 m) che racchiudono questo bacino. Verso est e verso ovest tutte le elevazioni sono coperte da abeti e larici che si innalzano sopra una spessa coltre di rododendri. Oltre il bordo del lago, non vediamo tracce recenti di passaggio. Il sentiero, comodo e ben segnalato dalle frecce di color giallo (segnale standard per i sentieri della Valle dAosta), termina al lago con la bella e evidente scritta di colore nero, pitturata sul cemento dello sbarramento: "Lago Nero". |
Ma noi siamo venuti fin qui per vedere il maggior numero di laghi di questa zona e non possiamo fermarci. Contorniamo il bacino lacustre verso ovest (sulla destra) utilizzando anche le sponde in cemento del lago e ci addentriamo nel folto dei rododendri seguendo una labile traccia di camosci che penetra nella fitta vegetazione verso lalto. Risaliamo il ripido ma breve costone e raggiungiamo la cresta spartiacque ad una quota di circa 2100 m. Sotto di noi vediamo lampio bacino sabbioso che racchiude il Lago Champas (1945 m). Davanti a noi, si allarga la visuale su tutta la parte alta della |
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testata del vallone di La Manda e possiamo distinguere
gli alpeggi alti di La Manda, Detra e Chanton, sovrastati dalle cime che vanno dalla Punta Fricolla (2676 m), alla Punta Chenessy (2630 m)
e al Mont Giavin (2431 m).
Non scorgiamo però i Laghi Chenessy (2383 m) e Cornuto (2421 m) perché incassati in conche rocciose situate
più in alto rispetto a noi e non visibili.
Verso destra, da est a nord-est, si distendono tutte le cime innevate del Monte Rosa, uno spettacolo grandioso.
Sempre verso est ma appena sopra il Lago Nero, si susseguono i contrafforti rocciosi e i piccoli corsi dacqua che si
riversano nel lago.
Le creste sono incise da intagli e da selle valicabili.
Più a sinistra scorgiamo i due piccoli intagli del Colle Fiotte (2000 m) sulla cresta rocciosa, formata da rocce spesso
instabili.
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ovest sopra il lago Nero |
il lago Nero con la Punta Fricolla |
dalla cresta dello spartiacque ovest |
lato est in direzione del Colle Fiotte |
in direzione del Colle Fiotte |
boscosa obliqua oltre la pietraia |
Cominciamo a seguire tracce a mezza costa verso destra (est), cercando di non
perdere quota e spesso siamo costretti a farci largo tra un folto ammasso di vegetazione, dove il rododendro è sempre
larbusto dominante.
Indossiamo sempre i pantaloncini e le nostre gambe cominciano a subire graffi dagli spuntoni di roccia e da arbusti vari.
Finalmente raggiungiamo un pianoro, appena libero dalla neve, sopra le due baite.
Cerchiamo il sentiero che dovrebbe provenire dagli edifici con direzione del valico ma non troviamo nulla.
Decidiamo di procedere lo stesso tra i rododendri facendo un grande giro circolare verso destra per raggiungere unampia
pietraia e, sfruttando i sassi, per arrivare al colle più agevolmente.
Dopo qualche graffio aggiuntivo nellattraversamento della bassa vegetazione, raggiungiamo la pietraia e su questa
approdiamo ad una specie di cengia ricoperta di rododendri e ontani.
La seguiamo verso sinistra, districandoci tra bassi e alti rami e finalmente raggiungiamo il piccolo intaglio roccioso
del Colle Fiotte.
Cerchiamo di guardare sullaltro lato del colle, verso il vallone di Fiotte e rimaniamo a bocca aperta.
Non riusciamo a capire dovè la traccia di sentiero che ci dovrebbe guidare verso il basso e farci raggiungere
lunica baita, ormai diroccata, dellalpe Fiotte (1881 m), che intravediamo a circa 200 metri più in basso, sulla
verticale della nostra posizione.
Ci sentiamo impegnati a trovare un passaggio.
Non avvertiamo più i morsi della fame o, perlomeno, essa può aspettare...
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Nel vallone di Fiotte
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Il lato di discesa, sul versante est, è troppo ripido, colmo di sassi instabili e di vegetazione; sul bordo nord del colle continua la cresta rocciosa, poco affidabile, che termina molto più a nord al Grand Bec. Tornare indietro è possibile ma non è altrettanto agevole e poi noi vogliamo compiere il famoso percorso ad anello: scendere lungo il vallone Fiotte, raggiungere lalpe Echarvaz (circa 1464 m) e confluire nella valle di Brenve per raggiungere finalmente il Crest. Il vallone di Fiotte è ormai raggiunto ed è divenuto un puntiglio per noi trovare la possibilità di percorrerlo in discesa. Sul versante sud del colle, la cresta risale ripida. |
sfruttando i varchi creati dai piccoli nevai |
Essa è boscosa e piena di vegetazione tipica della zona: rododendri, ginepri
e ontani che formano il substrato da cui emergono larici ed abeti.
E tutto un caleidoscopio di colori verdi e gialli.
Il calore della primavera inoltrata ha fatto esplodere tutta la copertura vegetale che ha ormai nascosto le erbe secche
appena lasciate libere dalla neve.
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la testata del vallone di Fiotte |
nel vallone di Fiotte |
vallone di Fiotte |
dal Colle Fiotte |
della baita Fiotte |
parete nord della baita di Fiotte |
Raggiungiamo un piccolo dosso ad una cinquantina di metri di
altezza sopra il colle.
Questa zona si trova spostata verso destra, più nel centro del vallone verso la sua testata e riusciamo a
intravedere una possibilità di discesa.
Vediamo piccoli tratti di nevaio che resistono tra la vegetazione fitta nella parte centrale del vallone e allora
puntiamo verso queste zone che rappresentano piccoli spazi liberi e agevoli per la nostra discesa.
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Nei boschi e tra le pareti rocciose tra Fiotte e Brenve
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Cominciamo a scendere il bordo della cresta che diventa subito molto ripida, attaccandoci ai rami degli alberi e a qualsiasi altro sostegno. Il famoso filo di cresta non è ben individuabile e dobbiamo superare, anche in questo bosco, alcuni salti rocciosi coperti da fitta vegetazione. Presto notiamo che non ci è possibile scendere ulteriormente. Alti strapiombi sono tutti attorno a noi. Siamo scesi di oltre 700 metri di quota, ci troviamo a circa 1300 m di quota e la confluenza è ancora a circa 200 metri più in basso rispetto a noi, ma anche questa via di fuga ci viene negata. |
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Sediamo sconsolati e sudati sulla cima di un promontorio boscoso, ammiriamo il
lussureggiante panorama e ci guardiamo negli occhi.
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La notte nel bosco
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Lunedì 29-5-2006: |
Di fronte a noi, verso sud, ci appare chiaramente la testata del vallone di Brenve con le pietraie, i dirupi in parte innevati e con le verdi praterie ridotte a pascolo che arrivano fin sotto di noi, disseminate di baite e casolari sui vari livelli in ogni dove. Noi ci troviamo sulla prima cima di una lunga bastionata rocciosa che racchiude lalto vallone di Brenve sul versante nord. Da dove ci troviamo non è possibile scendere, occorre procedere per cresta, ancora verso destra, con direzione sud-ovest e poi sud. Sulla nostra destra la costiera rocciosa continua con altre cime e forma un arco di cerchio che si chiude verso destra ad una ampia sella tra due cime importanti. Guardiamo nuovamente le cartine e scopriamo che la sella si chiama Colle Lavere (2190 m) e che si apre tra la Punta Lavere (2203 m) a nord e il Monte della Corda (2364 m) a sud. Noi abbiamo raggiunto una delle cime rocciose della cresta che porta alla Punta Lavere e dobbiamo raggiungerla necessariamente se poi vogliamo arrivare alla successiva sella del Colle Lavere. |
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Ciò è diventato per noi indispensabile poiché abbiamo notato, avendolo
proprio di fronte, che cè un crestone completamente boscoso, con sottobosco misto di rododendri e ginepri, che parte dal
Colle Lavere e che raggiunge il pianoro con le baite.
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Abbiamo praticamente compiuto un micidiale percorso a "S" e, con il senno di poi, ci rendiamo conto
che avremmo potuto raggiungere facilmente questa zona, dal Colle di Fiotte, già ieri pomeriggio, con una breve salita aggiuntiva seppur impervia.
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Un po rinfrancati dalla neve e con le borracce piene, riprendiamo la faticosa salita.
Con un finale in saliscendi, tra rododendri e rocce, raggiungiamo la Punta Lavere.
Poi scendiamo lungo un evidente sentierino, superiamo un ultimo gendarme roccioso e finalmente, alle ore 13 circa, arriviamo al Colle Lavere.
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La discesa verso il Vallone di Brenve
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Poi partiamo.
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nella parte centrale del vallone di Brenve |
Da qui vediamo bene tutto il percorso fatto, la parte ancora da scendere e la particolare conformazione dello sperone dove ci troviamo. Esso è boscoso sul suo versante nord-ovest e ovest mentre è roccioso con pareti verticali nel versante est. Dovremo quindi seguire la sua cresta che si orienta da nord a ovest, tenendoci quindi diritti nella discesa piegando, dove serve, un po a sinistra e facendo attenzione agli strapiombi sulla destra. Ogni tanto ci portiamo sul bordo strapiombante di destra per valutare meglio la nostra distanza dal fondovalle e cominciamo a individuare molto bene i vari gruppi di baite disposti sui vari livelli dellaltopiano, con i pascoli a ridosso delle bastionate rocciose della testata della valle. |
del vallone di Brenve, che sostengono i boschi nei quali abbiamo trascorso la notte |
A parte gli alpeggi di Breuil e di Barme, che rimangono invisibili a noi poiché troppo in alto (si trovano a oltre 1900 m di quota, più spostati a destra e nascosti da altre creste), vediamo molto bene i vari agglomerati di baite, da quelli di Grand Derby (1747 m) a quelli di Creton (1719 m) e di Grand Lavassey (1639 m). Man mano che scendiamo, la vegetazione al suolo cambia di composizione: i rododendri cedono il posto ai ginepri e allerba "ollina" (quella che si presenta a folti ciuffi con gli steli a forma cilindrico-conica e ripiegati verso valle). Gli alberi ritornano a essere numerosi e sono formati prevalentemente da gruppi di giovani larici che ci aiutano a scendere nei punti dove il pendio diventa ripido. Sono ancora rare le popolazioni di ontani. Mentre nelle zone alte e sulle creste abbiamo ammirato i silenziosi voli dellaquila, qui nel fitto del bosco siamo invece attorniati da molti suoni diversi di uccelli. Alcuni cupi, altri squillanti e rapidi, altri ancora ritmati come quello dellupupa. Questi suoni ci tengono compagnia e ci rallegrano durante la parte finale del nostro sforzo. |
Allimprovviso, in un folto di rami poco più in basso del luogo dove mi sto muovendo, sento un frusćo deciso e vedo un grande uccello buttarsi a valle a volo radente sulla vegetazione del sottobosco, sfiorando i rami bassi degli alberi. E un bel esemplare di gallo forcello, almeno così mi sembra, che sfugge velocemente alla nostra vista. Ho solo il tempo per vedere una striscia rossa sopra locchio e il piumaggio scuro quasi nero e per sentire il suo verso tipico: "ka-ka-ka-keh - ah.." |
Con un ultima discesa in verticale raggiungiamo prima una pietraia e poi un prato inclinato libero da alberi. Punto ad una baita proprio davanti a noi e, dopo un ultimo zig-zag tra erba e sassi, siamo davanti alla costruzione. Non è in cattive condizioni e sicuramente viene ancora utilizzata. In tutta la zona non cè nessuno, probabilmente è ancora presto per venire qui a passare i mesi più caldi dellanno, portando le bestie sui pascoli più alti del vallone. A poche decine di metri a valle della baita, scorre il ruscello con acqua fresca. Corriamo verso lacqua mentre ci liberiamo di zaino, scarpe e indumenti. Sono circa le ore 14 e 30 min, e siamo disidratati. |
delle pareti rocciose verticali nel vallone di Brenve |
Non abbiamo fame ma sentiamo unarsura in gola.
La neve ci ha aiutato a superare un momento di disagio, ma non è così
saporita come lacqua fresca di questo ruscello, che beviamo avidamente.
Ci laviamo tutto il corpo e buttiamo abbondante acqua in faccia e sulle ferite delle gambe e delle braccia.
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Comunicate le nostre intenzioni alle persone dellelicottero, lo ringraziamo, lo salutiamo e, mentre egli risale sullelicottero con il verricello, riprendiamo il nostro cammino un po più tranquilli, anche se un po sorpresi per liniziativa delle famiglie. Era però vero che non avevamo più dato notizie di noi dalla sera precedente. In breve, superiamo prima il bivio del sentiero per il Santuario di Retempio e poi la confluenza del vallone di Fiotte (quello in cui ci eravamo infilati il giorno prima pensando di arrivare fin qui, ma dove alti risalti rocciosi ce lo avevano impedito) e con una lunga traversata in falso piano raggiungiamo un altro importante bivio. |
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Diritto davanti a noi, sbarrato da catene, si apre un sentiero in falso piano che presto segue la copertura di un canale irriguo coperto (uno dei famosi "Ru" della Valle dAosta), mentre sulla destra si diparte un altro sentiero che scende verso il fondovalle. |
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Superiamo le catene e seguiamo il sentiero sopra il "Ru", passiamo su un ponte in ferro di colore bianco posto sotto alti
roccioni ed arriviamo nella zona intermedia alle frazioni di Crest Alto e Crest Basso.
Scendiamo la lunga scalinata in pietra che ci porta a Crest Basso e raggiungiamo velocemente questa frazione che sorge
sugli alti pendii della valle, proprio sulla cresta che separa il vallone di La Manda da quello di Brenve.
Ci avviciniamo alla fontana per bere un po dacqua fresca e per riposarci un po.
Siamo finalmente qui, anche se con un giorno di ritardo.
Qui troviamo alcune persone, appena arrivate con le loro bestie.
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<Non preoccupatevi> rispondiamo <quelli dellelicottero cercavano noi ma non hanno spaventato di più i vostri manzi degli altri elicotteri che hanno volato su e giù per tutta la giornata>. |
Lungo i "Ru" tra Crest e Fournier
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Ritorniamo allinterno del vallone e lo percorriamo a ritroso intravvedendo, poco più in alto rispetto a noi sullaltro versante, le costruzioni rurali della parte bassa del vallone di La Manda, inclusa la scuola e la cappella, tra Borettes e Cotetta. Dove la valle si restringe, raggiungiamo un piccolo ponte in ferro che ci permette di attraversare la forra del torrente La Manda. Abbandoniamo questo ramo del "Ru" che continua a salire verso la parte alta del vallone, arriviamo sullaltro versante (quello rivolto a est) e seguiamo, questa volta verso valle, un altro antico "Ru". La pendenza si mantiene costante, in leggera salita, e la camminata resta agevole. |
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Dopo aver percorso una distanza simile a quella dellaltro versante, raggiungiamo finalmente la strada carrozzabile
asfaltata che avevamo risalito in auto il giorno prima.
Il cammino alla scoperta di questi antichi "Ru" rappresenta già una bella escursione, ma noi, dopo due giorni di
cammino, non ne potevamo più e ci siamo goduti poco questa ultima parte del percorso.
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Lultimo incontro e la conclusione dellescursione
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Enea Fiorentini
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