Tra Sutri e Campagnano,
invece avevamo finito lacqua e faceva un caldo infernale, ad ogni curva
speravamo di essere arrivati ma era solo un illusione.
Ormai stanchi e sconfortati, dopo una curva in lontananza ci appare la
fontana Latrona.
Quellacqua limpida che sgorgava cè sembrata un miraggio.
Non abbiamo mai bevuto unacqua così buona.
Nellessere due pellegrini in viaggio abbiamo apprezzato molte cose.
Una di queste è la semplicità, la carità e la felicità
di accogliere dei pellegrini attraverso loperato delle suore e dei parroci
che ci hanno ospitato.
Da don Alfredo, a Viterbo, che pur non aspettandoci ed impegnato dai centri
estivi si è subito adoperato per darci da dormire e offrendoci la cena.
Ci dispiace di non averlo potuto ringraziare personalmente ma solo
attraverso un bigliettino.
Ahimè, per i troppi impegni di Don Alfredo non abbiamo potuto fare due
chiacchiere assieme.
Le suore di clausura a Sutri meritano un accenno.
Nellentrare nel convento ci siamo trovati davanti ad una ruota, che
serve a passare le chiavi e i documenti, ed una grata attraverso la quale un viso
sorridente ci parlava.
Cè venuto un nodo alla gola ma subito è svanito nel sentire
la voce soave che ci raccontava degli altri pellegrini che ci avevano preceduto.
La sua voce esprimeva serenità e felicità nellaccoglierci
mettendoci subito a nostro agio.
Infine lincontro con Don Renzo e la sua comunità.
Unesperienza unica di convivialità.
Lì abbiamo conosciuto Emanuela e David, due fidanzati da Bergamo con i
quali abbiamo affrontato la tappa da Campagnano a La Storta.
E stata una serata indimenticabile.
Mentre don Renzo ci raccontava della disponibilità dei propri
parrocchiani ad aiutare i viandanti e quanto credeva in questo operato
daccoglienza e carità, le ore sono trascorse senza che ce ne accorgessimo,
non sentivamo la stanchezza né i dolori ai piedi; cera un atmosfera
indescrivibile.
Nel sentire i racconti di altri pellegrini che partivano da tutta
lEuropa per arrivare a Roma o addirittura, dopo aver visitato la tomba
dellapostolo Pietro, proseguire per il sacro sepolcro, il nostro cammino
ci è sembrato una bazzecola.
Lamicizia che è nata con Emanuela e David ha reso la penultima
tappa molto piacevole mentre parlavamo di noi, del perché avessimo
intrapreso questo cammino, non ci siamo resi conto della strada che
percorrevamo con passo anche spedito.
Alla fine ci siamo lasciati con lintento di ritrovarci.
Il culmine dellemozione è stato quando dallalto di Monte Mario
abbiamo visto il cupolone della basilica.
Ormai niente ci poteva fermare, la felicità sprizzava da tutti
i pori e chi ci ha visto sicuramente ci ha scambiato per due pazzi.
Larrivo in piazza S. Pietro e la fine dei nostri giorni di cammino,
la felicità provata, non si può esprimere con parole.
In quel momento ci siamo guardati e senza dirci niente ci
siamo abbracciati.
Cosa dire infine: è stato una scuola di vita in tutti i sensi.
Ci ha insegnato ad apprezzare anche le cose più banali e piano piano,
un passo dopo laltro, siamo arrivati alla nostra meta imparando che
con la costanza e con il nostro amore si può superare qualsiasi
difficoltà sia fisica che psicologica.
Siamo ritornati a casa un po cambiati, più uniti e più
sereni.
A tutti coloro che leggeranno queste righe consigliamo di fare
questa esperienza di pellegrini che partono alla mattina con il
loro zaino (noi lo consideravamo la nostra casa) e passo dopo passo
si avvicinano alla loro meta.
Esso va concepito con lo spirito giusto, non può essere la corsa
a chi arriva primo, tanto alla fine non si vince una medaglia e
nessuno ti verrà a dire "bravo, sei il primo".
Non è una moda.
Bisogna partire con lo spirito di chi va alla ricerca di se stesso,
che si accontenta anche di poco, come una misera branda per dormire.
Si deve adattare a quello che trova ma alla fine verrà
ricompensato dalla gioia che riceverà dagli altri e piano piano
sentirà il proprio animo aprirsi a tutto ciò che lo circonda.
Scoprirà il piacere di camminare in mezzo ai campi, il saluto
di una persona sconosciuta, laiuto di un estraneo.
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