Escursione su un tratto della Via Francigena
in Piemonte con i soci del CAI di Aosta (07/04/2019)

(In cammino sui sentieri storici nel Vercellese in Piemonte)


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ESCURSIONE SULLA "VIA FRANCIGENA"
IN PIEMONTE


In cammino su uno dei tratti piemontesi del tracciato della Via Francigena,
lungo la tappa: Santhià -> Vercelli


Domenica 7 aprile 2019

 
           NOTE VARIE:

  1. Un cenno sulla storia di Santhià:    ->>> Back

    [ Santhià è stata probabilmente abitata sin dall’Età del Bronzo, come dimostrano alcuni ritrovamenti preistorici.   La zona fu successivamente abitata dai Celti Liguri e dai Celti libici e passò al dominio romano alla fine del II secolo a.C.   Ricevette le denominazioni di Vicus Viae Longae e poi, in epoca cristiana, fu dedicata a Santa Agatha, da cui si deriva il nome attuale.   Con questa denominazione è menzionata in un documento dell’anno 999, per il quale Ottone III cedeva al Vescovo Leone di Vercelli alcuni territori e beni, tra i quali tutto l’oro della contea di "Sancte Agathe".   Rimase sotto il dominio dei Vescovi di Vercelli fin quando fu conquistata dai Visconti di Milano.   Nel 1377 la città si consegnò ad Amedeo VI di Savoia, detto il Conte Verde.   In epoca rinascimentale e barocca Santhià fu frequente scenario di battaglie tra francesi e spagnoli, in particolare durante la guerra tra Francesco I di Francia e Carlo V (il cui Gran Cancelliere era Mercurino Arborio di Gattinara), con notevole sofferenze per la popolazione.   Tra i monumenti di maggior interesse per la città si ricorda la Collegiata di Sant’Agata, oggi chiesa parrocchiale ha subito varie trasformazioni nei secoli, sino ad assumere la forma attuale ad opera dell’architetto Giuseppe Maria Talucchi nel XIX secolo.   Le parti più antiche sono il campanile Romanico del XII secolo e la cripta di Santo Stefano.   È presente all’interno il Polittico di Sant’Agata, opera di Gerolamo Giovenone.
    Notizie tratte liberamente dal sito: https://it.wikipedia.org/wiki/Santhi%C3%A0 ]



  2. Un cenno sulla Casa Turrita (o Torre di Teolinda o Torre Longobarda) di Santhià:    ->>> Back

    [ In uno dei cortili situati nella parte superiore di Corso Nuova Italia (la via centrale della città) si trova la "Casa Turrita", da tutti conosciuta come la "Torre di Teodolinda" o "Torre Longobarda".   Ma i caratteri strutturali e il materiale impiegato (mattoni lavorati a vista) permettono di stabilire che la costruzione non è anteriore al secolo XV e, pertanto, ogni riferimento alla regina dei Longobardi è da considerarsi frutto di fantasia.   Nel 1630 fu verosimilmente questa struttura a ospitare la Corte ducale dei Savoia, trasferitasi a Santhià durante un’epidemia di peste scoppiata a Torino.   In tale circostanza, Santhià fu risparmiata dal contagio, cosicché anche la Zecca e il Senato sabaudo si trasferirono in questa cittadina e vi rimasero fino a quando il contagio non si esaurì.
    Notizie tratte liberamente dal sito: http://www.prolocosanthia.it/it/la-casa-turrita ]



  3. La Chiesetta di San Rocco a Santhià:    ->>> Back

    [ Questa piccola Chiesa con portico antistante, sorge su un preesistente luogo di culto, con facciata leggermente arretrata rispetto all’attuale.   Della costruzione più antica è stato rinvenuto il frammento di un affresco appartenente alla parte frontale di un antico altare risalente all’inizio del XV secolo.   L’Oratorio fu distrutto due volte, nei secoli XVI e XVII, nel corso delle vicende belliche che coinvolsero il borgo di Santhià, e per due volte fu ricostruito.   Durante le recenti opere di recupero e di restauro, sono emerse nei pressi delle fondamenta della chiesa alcune sepolture probabilmente di famiglie della zona.   Notizie tratte dal cartello illustrativo posto accanto alla Chiesa. ]



  4. Un cenno sulla storia di San Germano Vercellese:    ->>> Back

    [ L’inizio della storia di San Germano Vercellese risale all’epoca precristiana.   Ma per ricordare la sua origine più antica e romana, sullo stemma cittadino appare la scritta: "Sancti Germani Oppidum".   I Latini chiamavano oppidum (plurale latino: oppida) una città fortificata priva di un confine sacro (il pomerio), proprio invece dell’urbe.   Con l’espansione dello Stato romano e la trasformazione di Roma in Urbe per antonomasia, vennero individuati come "oppida" gli insediamenti cittadini fortificati, più grandi del semplice "vicus", ma non ancora abbastanza estesi per essere indicati come "civitas".   In età medievale il paese è stato attraversato dall’esercito di Carlo Magno che, con la sua irruente azione militare, ispirò uno degli antichi nomi di San Germano, Saltus Caroli, ma il nome attuale del paese è dovuto ad un altro personaggio che transitò nella zona: San Germano d’Auxerre.   A San Germano fu costruito un castello, documentato per la prima volta nel 1219 come donazione da parte dell’abbazia di S. Andrea di Vercelli al cardinale Guala Bicchieri.   Il borgo e il castello furono spesso rifugio di monaci e abati, nelle lotte tra Guelfi e Ghibellini.   Con istrumento del 1377 Il Vescovo Giovanni Fieschi, imprigionato nel castello del Piazzo a Biella, fu costretto a cedere il borgo di San Germano di cui era venuto in possesso nel 1372 alla casata dei Savoia, a cui il paese rimarrà fedele anche durante l’assedio degli Sforza nel 1476.   Agli inizi del XVI secolo Piemonte e Lombardia diventarono territorio di scontro e di continue guerre tra Francesco I e Carlo V, che per oltre un trentennio portarono povertà e miseria anche sul territorio sangermanese.   Per evitare che le truppe Spagnole e Francesi tornassero a occupare i Castelli fortificati del Ducato, il Duca Emanuele Filiberto decise di farli abbattere, così, con lo smantellamento del vecchio castello inizia per il borgo di San Germano un breve periodo di tranquillità.   Verso la fine del XVI secolo San Germano faceva parte dei possedimenti di Carlo Emanuele I di Savoia, in seguito ceduto al Conte Giulio Cesare d’Aglié e di San Martino.   A causa dei conflitti con gli spagnoli, la roccaforte viene ricostruita, per essere poi smantellata una seconda volta.   L’occupazione Napoleonica a San Germano inizia nel maggio 1800, in seguito alla quale la neo Nazione Piemontese viene suddivisa in dipartimenti comandati dai francesi.   Sull’esempio dell’amministrazione Napoleonica, dopo la Restaurazione dello stato Sardo nel 1814, le amministrazioni locali dei comuni vennero raggruppate in Mandamenti.   Nel 1854 a San Germano e in tutta la zona circostante si verificò un’epidemia di colera, che causò parecchie vittime.   Nel 1859 il paese partecipò anche alla guerra d’Indipendenza, cacciando gli austriaci dal territorio sangermanese.   Gli anni dal 1920 al 1935 sono per San Germano il periodo di maggior rinnovamento sotto il profilo urbanistico, ma iniziano anche i duri anni del fascismo.   Il 25 Aprile 1945, Vercelli viene liberata, e così anche San Germano Vercellese.
    Notizie tratte liberamente dal sito: http://www.viefrancigene.org/it/resource/poi/san-germano-vercellese/ ]



  5. Un cenno su San Germano Vescovo d’Auxerre (378 - 448):    ->>> Back

    [ Il paese di San Germano Vercellese ha come patrono San Germano d’Auxerre (Yonne - Francia) Vescovo.   Secondo la tradizione, egli avrebbe fatto sosta in paese, durante il suo viaggio dalla Francia a Ravenna, dove si portava a far visita all’imperatrice Galla Placidia e al figlio Valentiniano III.   All’inizio del paese si conserva tuttora una pietra su cui, come dice la tradizione, si sarebbe seduto San Germano.   Qualche tempo dopo, il 31 Luglio 448, sarebbe ripassato in paese il corpo del Santo vescovo (che era frattanto deceduto a Ravenna) diretto in Francia.   La sua salma era posta in un sarcofago di cipresso, ed era assicurata lungo il tragitto da varie scorte di soldati inviati appositamente dalla corte imperiale.   Il corpo di San Germano dopo aver ricevuto ampio omaggio dalla popolazione del paese, era poi proseguito per la Francia, transitando per il Piccolo San Bernardo (allora Columna Jovis), dove sul finire del V secolo verrà eretta una chiesetta in ricordo del passaggio della reliquia del santo.   A San Germano Vercellese ed in altri paesi del Vercellese (Lignana, Pertengo, Sillavengo) il Santo è stato eletto come Santo Patrono, e la sua festa si celebra il 31 Luglio.   Notizie tratte liberamente dal sito:
    http://www.comune.sangermanovercellese.vc.it/Guidaalpaese/tabid/10187/Default.aspx?IDDettaglio=3582 ]



  6. Un cenno sulla storia antica di Vercelli:    ->>> Back

    [ Le origini di Vercelli sono sconosciute: alcuni storici però credono sia stata fondata dai Celti.   Wehr-Celt ossia Rocca dei Celti è la denominazione che induce ad ascrivere ai Galli la fondazione dell’antica città.   Situata lungo un importante asse viario dell’economia, la città di Vercelli, ribattezzata dai Romani Vercellae si sviluppò come centro urbano da un preesistente abitato celto-ligure in seguito all’occupazione romana risalente ai primi decenni del II secolo a.C.   La definitiva vittoria dei romani sugli altri popoli della zona fu sancita nel lontano 101 a.C., quando l’esercito guidato dal Gaio Mario sconfisse in battaglia la potente tribù germanica dei Cimbri ai Campi Raudii.   Nel 49 a.C. i vercellesi ottennero la piena cittadinanza romana e il centro, divenuto municipium, si arricchì di strade, monumenti, bagni pubblici, acquedotto, teatro e anfiteatro.   Tra il I e il II secolo d.C. la fioritura del centro urbano proseguì senza sosta.   Successivamente però, nei secoli III e IV l’importanza acquisita andò decadendo e le fortune legate a Vercelli declinarono in concomitanza con quelle dell’Impero Romano.   Ci sono varie teorie sull’origine del toponimo Vercelli.   Per un’attendibile ricostruzione bisognerebbe risalire il corso della storia ricercando i vocaboli delle popolazioni che hanno segnato la lingua locale, della quale troviamo tutt’oggi tracce nel dialetto vercellese.   Dai Liguri, la prima popolazione indigena stanziatasi in loco (età del bronzo, 2000 a.C. circa) ed in seguito i Celti (V secolo a.C.) per poi giungere ai Libui (popolazione gallica) insieme ai Romani (222 a.C. e seguenti) i quali avrebbero assegnato (nel 49 a.C.) il municipium romano alla tribù Aniese.   Così, secondo la teoria di una struttura etnica celto-ligure, Vercelli sarebbe la coniazione del vocabolo Verk con il suffisso elle.   Un’altra teoria basata su parole prettamente celtiche vorrebbe che Vercelli fosse la giunzione Wehr-Celt.   Terza teoria, questa volta sulla binata celto-latino di ver-cellae, dove cellae significa luogo di dimora, mentre il prefisso ver è particella intensiva per indicarne la maggiore importanza.   Quindi, con un riscontro nella stessa regione geografica, troveremmo anche bu-cellae (in seguito Bugella, poi Bigella ovvero Biella) ad indicare un centro di importanza minore.   Lo stemma moderno di Vercelli è formato da una croce rossa su scudo bianco.   Su di esso è raffigurata una corona costituita da cinque torri.   Lo scudo è contornato da due rami incrociati ricadenti dalla figura oblunga.
    Sul nastro si legge il motto: "Potius Mori Quam Foedari" ovvero "Meglio Morire che Tradire".   Notizie tratte liberamente dal sito:
    https://it.wikipedia.org/wiki/Vercelli ]



  7. Un cenno sull’Ibis Sacro (Threskiornis aethiopicus):    ->>> Back

    [ L’ibis sacro (Threskiornis aethiopicus Latham, 1790) è un pelecaniforme della famiglia dei Treschiornitidi.   Vive nell’Africa subsahariana, in Iraq e anticamente in Egitto, paese in cui adesso è praticamente estinto, dove era venerato come simbolo del dio Thot.   Si presenta con un piumaggio uniformemente bianco (presentante alcuni riflessi verdi o bluastri), zampe, becco e coda nere.   L’ibis sacro ha una taglia abbastanza grande: è lungo infatti sui 56–69 cm con un peso di 1-1,9 kg e un’apertura alare di 112–123 cm.   Come tutti i ciconiformi, vola con le ali aperte e le zampe slanciate (in modo particolarmente simile alla cicogna bianca) e, proprio osservandolo durante questo movimento, si può notare il sottoala, di un bianco meno chiaro rispetto a quello del piumaggio.   L’ibis sacro frequenta una grande varietà di ambienti: di preferenza, si trova in paludi, fiumi e acquitrini, ma si spinge anche fino ai margini delle città e alle coste marine.   Ha una distribuzione abbastanza ampia: essa abbraccia tutto il continente africano a sud del Deserto del Sahara (escludendo tuttavia le altre aree desertiche) e parte del Medio Oriente (fino all’Iraq), regione dove, come già riferiva Gould, è abbondante.   Si riscontra vicino ai grandi fiumi, come il Nilo, il Niger, il Tigri e l’Eufrate.   Storicamente diffuso in Egitto (era sacro al dio Thot al tempo dei Faraoni), dal XIX secolo è totalmente scomparso da quella zona, a causa della caccia che gli è stata data, anche se a volte qualche individuo è stato ritrovato nel delta del Nilo.
    In tempi recenti, l’ibis sacro è stato introdotto anche in altri luoghi, tra cui la Francia, l’Italia (nel sud, Sicilia compresa, anche se si rinviene in alcuni luoghi del nord, come il Parco naturale delle Lame del Sesia, nel Novarese, nel Parmense (per esempio nell’Oasi LIPU di Torrile), presso Vercelli, la Garzaia di Celpenchio, in provincia di Pavia, ove pare essere arrivato spontaneamente, nel Parco Regionale Veneto del Delta del Po e in località Volania presso Comacchio.   Numerosi esemplari frequentano il Cremasco, inoltre numerosi avvistamenti sono stati fatti nella ridente cittadina di San Cesareo, alle porte di Roma, dove gli uccelli in gran numero hanno affollato la piazza cittadina destando curiosità tra gli astanti.   Inoltre in Spagna e Florida, dove è presente in buona quantità.   La popolazione degli ibis è calcolata in centinaia di migliaia di individui, il che, insieme alle grandi capacità di adattamento di questa specie, fa sì che non sia in pericolo di estinzione.   Notizie tratte liberamente dal sito:
    https://it.wikipedia.org/wiki/Threskiornis_aethiopicus ]

 
 


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