Cronaca dell’escursione su due tappe della Via Francigena nel Lazio,
insieme con i soci della Sezione di Roma dell’Associazione "Giovane Montagna"
(dal 30/3 al 31/3/2019)

( da Bolsena [m 350 slm] a Montefiascone [m 590 slm] e da qui a Viterbo [m 326 slm] per circa 35 km )

Cronaca della 2° Tappa
(31/03/2019)



In cammino insieme con i soci della
Associazione G.M. ("Giovane Montagna")
Sezione di Roma


( su due tappe della Via Francigena italiana )
(da Bolsena a Viterbo)
(30 - 31 Marzo 2019)


Escursione organizzata dai responsabili della sezione G.M. di Roma
2° Tappa: Montefiascone (m 590 slm) -> Viterbo (m 326 slm) (c. 18 km)

Cronaca a cura di Enea Fiorentini (G.M. di Roma)




 
           NOTE VARIE:

  1. Un cenno sulla storia di Montefiascone:    ->>> Back

    [ Le radici del toponimo Monte Fiascone (dove "monte" è probabilmente dovuto alla natura collinare dell’abitato) sono forse da far risalire al latino "mons faliscorum", con riferimento ai falisci, i quali sarebbero approdati nell’area dopo la distruzione dei vari centri dell’"ager faliscus" ad opera dei romani.   Molto meno probabile l’ipotesi per la quale il nome della cittadina deriverebbe da "mons phisconis", dal nome di una popolazione di origine greca.   Al periodo etrusco risalgono due aree templari sacre, rispettivamente nella località di Cornos (in riva al lago e chiamata dai locali anche Cornosse) e alla Rocca.   Tracce di civiltà più antiche sono state rinvenute tra Montefiascone e Viterbo, più precisamente nella zona del Rinaldone, sede della civiltà eneolitica.   Montefiascone conobbe migliori fortune nel periodo romano, grazie ad un efficiente sistema viario (un esempio è la via Cassia, costruita tra il 170 e il 150 a.C.), facilitato proprio dalla carenza di fenomeni urbani rilevanti da parte degli etruschi.   Alcuni ritrovamenti nella zona della Basilica di San Flaviano farebbero pensare che il nucleo iniziale romano si trovasse proprio in questa area.   Sono stati ritrovate tracce di mausolei, necropoli e numerose lapidi.   Sembra che Montefiascone (col nome di "Mons flaconis") inizi a comparire nei documenti ufficiali a partire dall’anno 853, quando Leone IV conferma al vescovo di Tuscania, Virobono, i possedimenti della diocesi, alla quale il territorio della cittadina apparteneva.   Abbiamo così notizie del convento di San Pietro "in Vico pergulata", delle scomparse chiese di Santa Maria e Sant’Agnese, di cui rimangono le tracce di fondazioni, della chiesa di San Pancrazio in Nocerina e di Sant’Andrea, inizialmente posta all’interno delle mura cittadine.   Nel medioevo il centro, insieme con la sua piccola fortezza, inizia ad avere importanza strategica.   Nel 1058 vi si reca il papa Stefano IX e, nel 1065, l’esercito della contessa Matilde.   Il 15 giugno 1074 Papa Gregorio VII incontra la stessa contessa Matilde e la madre Beatrice, sue preziose alleate, a San Flaviano.   La fortezza viene messa sotto assedio nel 1093 da Enrico IV, ma i conti Farnese, Aldobrandini e di Bisenzio la difendono energicamente.   Nel 1111, Enrico V e la sua corte passano per Montefiascone, diretti a Roma per la consacrazione papale del sovrano: secondo la leggenda, Johannes Defuk sarebbe proprio al suo seguito quando viene "conquistato" dalla bontà del vino locale.   Successivamente, anche l’imperatore Federico Barbarossa si reca a Montefiascone (1185), consapevole dell’importanza strategica della fortezza.
    Notizie tratte liberamente dal sito: https://it.wikipedia.org/wiki/Montefiascone ]



  2. Viterbo e la sua storia:    ->>> Back

    [ Viterbo è il capoluogo dell’omonima provincia nel Lazio settentrionale, nota anche come Tuscia o Alto Lazio.   Ha antiche origini (si ritiene che Viterbo derivi dal latino Vetus Urbs, cioè Città Vecchia) e ha un vasto centro storico, con alcuni quartieri medioevali ben conservati, cinto da mura e circondato da quartieri moderni, tranne che ad ovest, dove si estendono zone archeologiche e termali (necropoli di Castel d’Asso, sorgente del Bullicame).   Viterbo è nota come la Città dei Papi: nel XIII secolo fu infatti sede pontificia e per circa 24 anni il Palazzo Papale ospitò o vi furono eletti vari Papi.   Papa Alessandro IV decise nel 1257 il trasferimento della Curia Papale nella città a causa del clima ostile presente a Roma.   Qui il soggiorno papale durò, salvo brevi interruzioni, fino a quando papa Martino IV, appena eletto (22 febbraio 1281), allontanò definitivamente la corte pontificia da Viterbo per recarsi, non a Roma, ma ad Orvieto.
    La città sorge a 326 metri sul livello del mare, all’interno di un ampio falsopiano, situato sulle prime pendici settentrionali del Monte Palanzana (che i viterbesi chiamano semplicemente La Palanzana), appartenente al gruppo dei Monti Cimini, rilievi di origine vulcanica che fanno parte, a loro volta, dell’Antiappennino laziale.
    Il falsopiano sul quale si trova il centro cittadino si distende ad ovest verso la pianura maremmana.   La città è attraversata per tutta la sua lunghezza, con decorso est-ovest, dal Fosso Urcionio, che oggi scorre quasi completamente nel sottosuolo, mentre scorreva in superficie fino ai primi decenni del Novecento.
    Si hanno tracce d’insediamenti neolitici ed eneolitici e varie tracce, specie nel sottosuolo, di presenze etrusche nella lontana storia di Viterbo, ma alcuni storici sono portati a credere che nel periodo etrusco l’insediamento non raggiungesse lo stato di vicus, mentre le fantasiose teorie quattrocentesche dell’erudito frate Annio (autore di quel complesso e monumentale falso storico noto come Antiquitatum Variarum) hanno addirittura supposto che vi fosse in loco una tetrapoli etrusca, sulla base dalla sigla FAVL che, secondo tali teorie sarebbe un acronimo formato dalle iniziali di quattro cittadine (Fanum, Arbanum, Vetulonia, Longula).
    Più plausibile appare l’identificazione di Viterbo con la città etrusca Surina, sostenuta da studiosi del XX secolo.   Dopo la conquista romana vi fu costituito, con ogni probabilità, un insediamento militare, chiamato Castrum Herculis per la presenza nella zona di un tempio che si riteneva dedicato all’eroe mitologico (il leone simbolo di Viterbo deriva da questo aneddoto).   Notizie più certe si hanno con la cittadina dell’Alto medioevo, che trae origine da un "castrum", cioè una fortificazione longobarda posta al confine tra i possedimenti longobardi nella Tuscia e il ducato bizantino di Roma: il colle di San Lorenzo, ricordato nella donazione di Sutri tra le proprietà che Liutprando promette alla Chiesa nel 729, fu fortificato nel 773 da Desiderio, nell’ultimo periodo della sua contesa con Carlo Magno.   Un documento papale dell’852 riconosce il Castrum Viterbii come parte delle terre di San Pietro, mentre Ottone I annovera il castello tra i possedimenti della Chiesa.   Nell’XI secolo l’incremento demografico contribuì alla nascita di nuclei abitativi fuori dal castrum, e, attorno al 1090, a un primo tratto di mura.   La scelta dei primi consoli sancì, nel 1099, il passaggio a istituzioni comunali.   Viterbo, divenuto libero comune nel XII secolo, si assicurò il possesso di numerosi castelli.   La protezione di Federico I Barbarossa, presente nella città nel 1162, che riconobbe la costituzione in comune di Viterbo, consentì una legittimità alla sua politica di espansione.
    Nel 1172 venne distrutta la città di Ferento il cui simbolo (una palma) fu aggiunto al leone, simbolo di Viterbo (l’emblema vigente è costituito appunto da un leone addossato ad una palma).   Sempre attorno al 1190, venne assediata Corneto (odierna Tarquinia), mentre l’imperatore Enrico VI (divenuto tale nel 1190 alla morte del padre Federico I Barbarossa, annegato nel fiume Saleph in Cilicia, nel Sud-Est dell’Anatolia, in prossimità della Terra Santa, durante la terza crociata) attaccò Roma con l’esercito viterbese. ]



  3. Il Bullicame nei dintorni di Viterbo:    ->>> Back

    [ Fin dal XIII secolo la lavorazione della canapa si svolgeva attorno a Viterbo in piscine che derivavano l’acqua dal Bullicame (o Bulicame), piccolo lago d’acqua sulfurea bollente, nelle vicinanze della città.   Le "Pettatrici" potrebbero essere qui le donne addette a cardare la canapa.   L’interpretazione di "Peccatrici (meretrici)", che si ritrova in altri manoscritti, non trova conferma nelle testimonianze del tempo:   non risulta in alcun documento che le meretrici di Viterbo usassero servirsi delle acque del Bulicame per i loro bagni, come spiegano basandosi su questi versi, gli antichi commentatori del poema di Dante.   Oltre alla famosa citazione nel XIV Canto dell’Inferno (v.79,81), Dante vide nei vapori delle acque del Bullicame un’altra immagine per rappresentare il fiume infernale "Flegetonte" anche nel XII Canto dell’Inferno (v.127,128). ]



  4. La Via Francigena tra le fonti termali attorno a Viterbo:    ->>> Back

    [ Già da lontano i pellegrini, stanchi ed impolverati dal lungo cammino, pregustavano i bagni ristoratori ed igienici nelle fonti termali del viterbese.   I malati e i feriti consideravano la sosta in questi luoghi quasi miracolosa, poichè essa offriva loro una sicura possibilità di curarsi e di riposare.   Tutto il territorio è di origine vulcanica e la zona a sud di Montefiascone e sulla direttrice di Capranica ha numerose polle di acque termali e di vapori anche in aperta campagna.   Queste fonti furono utilizzate già dagli etruschi e dai romani, come testimoniano numerosi resti archeologici.   Sono per lo più acque sulfuree e solfato-bicarbonato-alcaline usate per fanghi, bagni, inalazioni ed irrigazioni.   Curano molti malanni, ma soprattutto reumatismi, artriti, ipertensione e malattie della pelle.   I nomi sono molto suggestivi: Bagnaccio (da cui si preparano fanghi contro i reumatismi), Bacucco (con imponenti resti termali romani, tra cui il primo "Spedale per lebbrosi", nell’area chiamata "Amalatia"), Bullicame (dove l’acqua sgorga a 65° gradi ricca di acido solfidrico, che ossidandosi all’aria deposita zolfo sul terreno circostante).   Altre fonti hanno nomi più gentili, quali Gigliola, Oliveto e Crociata (molto conosciuta per la cura di malattie cutanee).   "Le Terme del Papa" sono lo stabilimento termale più rinomato.   Il nome ricorda che qui cercarono sollievo Gregorio IX nel XIII secolo e successivamente dal XV secolo, Bonifacio IX, Nicolò V, Pio II ed il cardinale Bessarione.   Queste fonti contribuirono alla ricchezza degli abitati vicini, come Sancte Valentine, un borgo oggi distrutto, che si trovava sulla via Cassia.   Il ponte romano vicino a questo abitato era il Ponte Cammillario, la cui poderosa struttura e larghezza di quasi 13 metri è segno della potenza della città.   Queste acque termali furono menzionate non solo da citazioni latine ma anche da diversi scrittori di varie epoche. ]



  5. La deviazione della Via Francigena a Viterbo:    ->>> Back

    [ Da dati storici si conosce l’esistenza del Borgo di San Valentino e della sua chiesa.   In un documento del 788 appare la sua definizione come: "Sce Valentine in Silice".   Questa denominazione indica generalmente la presenza di una pavimentazione massiccia, cioè romana e quindi della Via Cassia.   Durante il viaggio compiuto negli anni 990-994, Sigerico ricorda nel suo diario la sosta in questo borgo di Sancte Valentine (submansio VI, indicato come Aquas Passaris sulla "Tabula Peutingeriana"), utilizzato come stazione intermedia tra Forum Cassii (Furcari, submansio V) e Montefiascone (Sancte Flaviane, submansio VII).   Ulteriore riferimento sull’esistenza di questo borgo è data dalla presenza dell’imperatore tedesco Enrico IV, che rilasciò qui una pergamena (in Burgo de Sancto Valentino) nel 1084 di ritorno dalla propria incoronazione a Roma, durante una sosta in queste zone.   Visti l’interesse economico e la fama che derivavano dal continuo passaggio di mercanti, di merci e di pellegrini i Viterbesi, che vivevano in un piccolo agglomerato di case fuori mano, nel 1137 distrussero l’intero Borgo di San Valentino incluse le chiese, deviando verso la loro città il percorso della Via Francigena e conseguentemente l’importante direttrice commerciale.   Così crebbe l’importanza di Viterbo mentre diminuì quella della altre città della Tuscia, in parte anche a causa di successive distruzioni delle stesse (come nel caso di Vulci, Gravisca, Ferento).   La stessa Tuscania vide diminuire molto la propria influenza tanto che, per lungo tempo, fu chiamata Toscanella (un termine considerato spregiativo).   Nei diari di viaggio di altri illustri personaggi (come l’abate islandese Nikolaus di Munkathvera), che seguirono la Via Francigena dopo il 1154, non si fa più cenno del percorso originario, mentre si fa riferimento alla sosta di Viterbo.   In questo nuovo itinerario, per la prima volta non vengono nominate le due "stationes" di Forcassi e di San Valentino.   Nel 1191, 40 anni più tardi, uno dei viaggiatori famosi sulla Via Francigena, Filippo II Augusto re di Francia provenendo da Roma di ritorno dalla III° Crociata, nomina Viterbo nei suoi diari come "Biterve". ]

 
 


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Aggiornamento: 01/09/2019
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