Ruderi del Ponte della Strada Romana delle Gallie a St-Vincent 12-05-18 - (Foto di E.Fiorentini) Panorama dal Belvedere Basso del Geosito vicino a Saint-Vincent; a sx: il Castello di Ussel, sullo sfondo quello di Cly e, in basso, al centro e a destra quelli di Châtillon 12-05-18 - (Foto di E.Fiorentini) Panorama su Saint-Vincent dal Belvedere Basso del Geosito 12-05-18 - (Foto di E.Fiorentini) Coppelle incise su roccia di pietra ollare al Belvedere Basso del Geosito 12-05-18 - (Foto di E.Fiorentini) Segnaletica del Geosito al Belvedere Basso 12-05-18 - (Foto di E.Fiorentini) Panorama sulla Paleofrana di Rodoz salendo al Belvedere Alto 12-05-18 - (Foto di E.Fiorentini) Rocce Serpentiniti salendo al Belvedere Alto 12-05-18 - (Foto di E.Fiorentini) Rocce magnetiche, titaniche e ollari al cippo n.3 del Geosito al Belvedere Alto 12-05-18 - (Foto di E.Fiorentini) Pianoro sotto la croce del Belvedere Alto 12-05-18 - (Foto di E.Fiorentini) Croce in vetta al Belvedere Alto 12-05-18 - (Foto di E.Fiorentini) | Una premessa In preparazione di una camminata con amici e soci della mia associazione Giovane Montagna (G.M.) sulla 4° tappa valdostana della Via Francigena: Châtillon -> Verrès, ho voluto verificare un tratto della parte iniziale, appena dopo l’abitato di Saint-Vincent. Tra il gruppo di partecipanti era prevista la presenza di un certo numero di geologi e allora ho pensato di effettuare questa tappa che è molto interessante dal punto di vista ambientale, archeologico e geologico. La parte più interessante da questo punto di vista è quella della zona del geosito nei pressi di Saint-Vincent (tra le frazioni di Cillian e Feilley), conosciuta come il geosito "dal ponte romano alle rupi celtiche". Anche se poi la camminata è stata spostata ad altra data, ho effettuato comunque il sopralluogo per visitare i luoghi più interessanti, conosciuti come Belvedere Basso e Belvedere Alto.
L’escursione e il sopralluogo
L’escursione illustrata in questa scheda inizia dai ruderi del Ponte Romano sulla Strada Romana delle Gallie (I° sec. a.C.), nella zona a est dell’abitato di Saint-Vincent, sullo stesso itinerario seguito anche dal tracciato valdostano della Via Francigena. Dopo una visita veloce all’antico manufatto che superava la gola formata dal Torrente Cillian, si prosegue su sentiero in direzione delle case della frazione di Cillian. Prima di raggiungere le abitazioni si piega a destra, si attraversa una zona di vigneti e si raggiunge una sterrata che, con un paio di tornanti, porta alla zona del Belvedere Basso nella parte iniziale del Geosito. In questa zona, dove spesso mi fermo per la sosta pranzo al sacco quando effettuo la camminata integrale da Châtillon a Verrés, è già possibile ammirare un vasto panorama sul solco della valle centrale, sulle imponenti montagne che la contornano, sui castelli di Cly, di Châtillon, di Ussel e, in primo piano, sulla paleofrana di Rodoz e sulle incisioni rupestri (prevalentemente coppelle) che si notano sulle rocce di pietra ollare (in filoncelli di serpentino scistoso e talcoso), proprio a ridosso del margine occidentale del pianoro del Belvedere Basso (verso Saint-Vincent). La salita verso il Belvedere Alto e la croce di vetta del promontorio roccioso avviene normalmente percorrendo prima la sterrata verso Feilley per poi salire lungo il sentiero scosceso raggiungendo i vari cippi, come indicato sulla mappa iniziale di questa scheda. Ma, spesso, io salgo direttamente dal Belvedere Basso, seguendo tracce attraverso un valloncello con vigneti che è fiancheggiato da rocce verticali. Questa salita più diretta permette di raggiungere le pareti rocciose più interessanti e la vetta con la croce (a m 680 slm), prima di scendere definitivamente alla frazione di Feilley. Nella parte più alta di questo promontorio si ha una notevole visione della Gola di Montjovet che ricorda bene come questa zona sia stata un passaggio obbligato su una delle principali vie dalla pianura padana all’Europa nordoccidentale che conserva ancora evidenti tracce delle diverse fasi storiche che l’hanno coinvolta, come: - "opere di viabilità romana verso le Gallie (strade, ponti, strutture di ricovero, ecc..)"; - "centri di controllo del traffico medievale dell’asse transalpino (castelli, caseforti, torri di avvistamento, ecc..)"; e più recentemente: - "vie di trasporto legate allo sviluppo industriale locale (ferrovia)"; - "infrastrutture di collegamento con le aree economiche europee importanti (autostrade, trafori, oleodotto)". Il lungo e profondo solco vallivo che si ammira da questa altitudine ricorda la sua origine geodinamica, cioè creato dalle forze interne del Pianeta che muovono impercettibilmente i due versanti (che corrispondono alla placca africana a sud e europea a nord) in modo indipendente uno dall’altro. Un lungo scontro geologico, durato dai 90 ai 30 milioni di anni fa al ritmo di qualche millimetro l’anno, ha fatto sovrascorrere la placca africana prima sul fondo dell’antico Oceano Tetide (che si era formato tra le due placche), poi sul margine europeo, provocando il loro sprofondamento verso il mantello, ma anche spingendo in alto la catena alpina. In effetti, risalendo verso il Belvedere Alto, si cammina sui resti dell’antico fondo oceanico, sulle famose pietre verdi, ricche di minerali rari e di metalli pesanti. Dai 30 ai 20 milioni di anni fa prese forma la regione valdostana, col suo reticolo di valli e di montagne, come risultato della lenta ma continua collisione delle placche. A partire da 1,5 milioni di anni fa iniziano le grandi glaciazioni che si inoltrano nelle valli appena formate, levigano le rocce e lasciando detriti morenici aggrappati ai versanti. 10.000 anni fa inizia il ritiro dei ghiacciai e consequentemente si scaricano a valle grandi frane non più sostenute dalle masse glaciali. Il grande Ghiacciaio Balteo, che occupava la valle fino a circa 10.000 anni fa, ha scavato profondamente il solco della valle centrale che forma l’ossatura principale della regione. In alcune zone della valle centrale si notano ancora dei depositi morenici di versante, a forma di grondaia, come di fronte a questa zona, tra la base del roccione e il Mont des Fourches, chiamato scaricatore laterale in roccia. Analoghe forme glaciali sono rintracciabili al castello di Ussel sul versante di fronte. Alcuni ripiani erbosi si elevano dal fondovalle in corrispondenza dei cimiteri di St-Vincent e di Châtillon. Si tratta dell’antico fondo del lago postglaciale di Saint-Vincent formatosi quando il corso della Dora fu sbarrato da un crollo del versante destro nella gola di Montjovet: la Paleofrana di Rodoz. Questo sbarramento è durato a lungo e il lago si ingrandì e raggiunse la zona di Aosta. Raggiungendo la zona di rocce del cippo 2 si può notare la presenza delle serpentiniti che raccontano la loro storia e lunga evoluzione nata nei movimenti del mantello terrestre. Infatti, circa 150 milioni di anni fa, il mantello terrestre fu messo a nudo a seguito di un lento e grandioso strappo della crosta tra la placca africana e quella europea, creando uno spazio coperto dal mare a formare l’Oceano Tetide. Nelle successive fasi dell’orogenesi alpina, il fondo oceanico si è trasformato in serpentinite che, inizialmente, assorbe il 12% di acqua oceanica, successivamente si separa dal ferro che cristallizza al suo interno sotto forma di magnetite, e infine, viene incorporata nella crosta terrestre profonda sotto forma di silicato idrato di magnesio con magnetite, titanio e tracce di metalli pesanti. Nei cristalli di queste rocce avvengono ulteriori trasformazioni durante il loro sforzo di risalita in superficie sotto un’enorme pressione. Seguendo il mio percorso più diretto, raggiungo subito la zona del cippo n.3. Qui mi trovo davanti a pareti di rocce varie, di tipo magnetiche, titaniche e ollari. Mi trovo appena sotto la rampa che mi porta in vetta al promontorio con la croce. Salgo l’ultima rampa fino ai roccioni che sostengono la croce per ammirare il vasto panorama, le rocce e le inflorescenze in pieno vigore un po’ ovunque. La flora che cresce a ridosso delle serpentiniti si definisce come "flora eroica" per il fatto che riesce a convivere con rocce come queste a base di metalli velenosi. Tra la flora speciale di queste rocce, in primavera si possono notare i bianchi cerasti (cerastium), i cespi di timo (thymus vulgaris), e i gialli corimbi di Alisso argenteo (alyssum argenteum). Dopo la discesa dalla vetta del promontorio, piego a sinistra (verso sud-est) e mi avvicino alla zona del cippo n.2 dove sono molto interessanti le rocce presenti. Esse sono serpentiniti ricche di magnetite che si nota nei noduli scuri e quasi neri. Ho con me un paio di calamiti e allora provo ad avvicinarle alla massa rocciosa e in particolare nei pressi dei noduli. L’effetto di attrazione è sempre efficiente, rapido e affascinante: le calamiti si attaccano letteralmente e solidamente alla roccia. Rimane sempre una bella attrazione per gli studenti che accompagno spesso in queste zone e per gli appassionati di mineralogia e di geologia. Dopo queste prove, lascio il cippo n.2 e mi avvicino al n.1 che si trova proprio sul ciglio del roccione che strapiomba verso valle e che offre un bel panorama sul solco vallivo e ancora sulla Paleofrana di Rodoz. Il panorama si estende verso est e sud-est sulle frazioni di Feilley, di Perral fino alla sagoma del Castello di Saint-Germain e sulla piana verso Montjovet. Piegando a sinistra, ritrovo il sentiero che velocemente mi porta alla strada asfaltata nei pressi di Feilley dove ci sono le segnaletiche della Via Francigena. Questo sopralluogo finisce qui e questa ennesima visita a questi luoghi mi ha aiutato a rivedere e a memorizzare le bellezze geologiche che racchiude. Una buona mia revisione visiva e mentale per quando potrò accompagnare nuovamente qui gli studenti dei licei valdostani. Penso che anche i pellegrini francigeni (almeno quelli meno frettolosi) che transitano in queste zone possano dedicare un po’ del loro tempo (bastano 40 minuti) per ammirare le rocce che ricordano benissimo la formazione e l’evoluzione di questa regione alpina. Nel frattempo, pubblico ancora un po’ di foto a ricordo di quest’ultima escursione.
Enea Fiorentini Socio CAI (sezione di Roma) e Socio Associazione GM ("Giovane Montagna" - sezione di Roma) Membro Accademico del GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna), residente in Aosta |